

Questo articolo è stato letto 77 volte
di MARIO PETRULLI
Anche un gazebo può rilevare in termini di volume ai fini del divieto di sanabilità postuma del manufatto: è quanto ricordato dal TAR Veneto, sez. II, nella sent. 24 settembre 2020, n. 854.
Come è noto, in virtù del principio generale tempus regit actum, la conformità di un provvedimento amministrativo al parametro normativo di riferimento va accertata tenendo conto della normativa applicabile all’epoca della sua adozione: si ritiene, pertanto, legittimo il diniego di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, adottato dalla Soprintendenza in presenza di aumento di superfici utili o di volumetrie, se l’istanza è stata presentata dopo l’entrata in vigore dell’art. 167(1) del Codice dei beni culturali e del paesaggio(2), seppure riferita ad interventi realizzati precedentemente(3).
Come puntualmente precisato dalla giurisprudenza(4), il Codice contiene la regola della non sanabilità ex post degli abusi, sia sostanziali che formali: il trasgressore, infatti, è “sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese”, “fatto salvo quanto previsto al comma 4″. L’intenzione legislativa è chiara nel senso di precludere qualsiasi forma di legittimazione del “fatto compiuto”, in quanto l’esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell’intervento.
Il rigore del precetto è ridimensionato soltanto da poche eccezioni tassative, tutte relative ad interventi privi di impatto sull’assetto del bene vincolato; segnatamente, sono suscettibili di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica (art. 167, comma 4)…
>> CONTINUA A LEGGERE L’ARTICOLO INTEGRALE QUI.
© RIPRODUZIONE RISERVATA