Attività edilizia libera? Solo se non va contro gli strumenti urbanistici

L’attività edilizia libera, come disposto dall’articolo 6 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 a seguito delle modifiche dell’articolo 5 della legge n. 73/2010, non è applicabile agli interventi che, pur rientrando nelle categorie menzionate da tale disposizione, siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici.

A stabilirlo sono i giudici della Cassazione  con la sentenza del 17 maggio scorso, n. 19316, la prima dopo l’entrata in vigore delle modifiche normative introdotte sull’ attività edilizia libera.

I giudici sono intervenuti a seguito di un ricorso presentato dal proprietario che in un’area agricola aveva realizzato due piazzali, a servizio di un’attività commerciale,  per il deposito di mezzi meccanici e la riparazione di veicoli industriali, dichiarandoli come opere pertinenziali e, comunque, tenuto conto delle modifiche normative introdotte dalla L. 22 maggio 2010, n. 73, come opere che rientrano nell’attività edilizia libera la cui violazione è oggi soggetta a mera sanzione amministrativa pecuniaria.

La Suprema Corte conferma la sentenza dei giudici di merito che avevano escluso la natura pertinenziale delle opere realizzate qualificando l’intervento come di “nuova costruzione”.

Facendo riferimento alla nuova versione dell’art.6 del testo unico del’edilizia, i giudici specificano che “vengono fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e non si prescinde dal rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, dalle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica nonchè delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004”.

 “Può quindi affermarsi, in definitiva, – aggiungono – il principio secondo il quale la particolare disciplina dell’attività edilizia libera, contemplata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 6 come modificato dalla L. n. 73 del 2010, art. 5, comma 2, non è applicabile agli interventi che, pur rientrando nelle categorie menzionate da tale disposizione, siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici. Alla luce del principio appena formulato deve pertanto escludersi l’applicabilità della richiamata normativa nel caso posto all’esame della Corte territoriale”.

La Suprema Corte conclude dicendo che “come infatti emerge chiaramente dal contenuto del capo di imputazione, la realizzazione dei piazzali, da adibire ad area di sosta e parcheggio a servizio dell’attività commerciale del ricorrente, come indicato in sentenza e nel ricorso, è avvenuta in area classificata dallo strumento urbanistico come zona agricola E. ed è pertanto in evidente contrasto con la destinazione urbanistica dell’area”.

Così interpretata la norma, quindi, non poteva esservi spazio per la tesi difensiva.

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