Competenze professionisti: restauro beni culturali solo per architetti

Come si sviluppa la conformazione della competenza degli ingegneri nelle opere di architettura? All’eterna questione si aggiunge oggi un ulteriore tassello, in questo caso con riferimento al particolare tema degli interventi restauro e recupero di edifici vincolati come beni culturali.

Una sentenza del TAR Veneto (n. 743 del 3 giugno 2014) ha infatti confermato l’orientamento storico in materia pronunciandosi su un ricorso contro l’affidamento a un ingegnere della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, e della direzione lavori di un edificio storico.

Beni vincolati: la competenza
La questione ruotava attorno all’aggiudicazione ad uno studio di ingegneria di una gara: i ricorrenti contestavano la mancata esclusione dell’ingegnere dichiarato vincitore della gara in virtù del fatto che l’edificio oggetto della procedura in questione era stato indicato negli atti di gara quale bene culturale, collocato in un contesto vincolato sul piano paesaggistico e quindi, in contrasto con le disposizioni del Regio decreto n. 2537/1925 (art. 52, comma 2).

Questo risalente strumento normativo contiene infatti il principio che informa e definisce tutto il sistema delle competenze dei professionisti tecnici: ovvero che “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino di tali edifici, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”.

Interviene la Corte di Giustizia europea
I giudici amministrativi del TAR Veneto hanno effettuato un richiamo alla questione della “compatibilità comunitaria della disciplina normativa italiana che riserva ai soli architetti le prestazioni principali sugli immobili di interesse culturale“. Questo nodo, hanno spiegato i giudici della sezione veneziana del Tribunale, è stato definitivamente risolto dal Consiglio di Stato, il quale aveva chiesto direttamente l’intervento della Corte di Giustizia europea.

La Corte di Giustizia aveva, in tal senso, delineato il profilo disciplinare della questione mediante una sentenza del 21 febbraio 2013: qui si precisò che le persone in possesso di un titolo di studio rilasciato da uno Stato membro diverso da quello ospitante possono svolgere, in questo Stato, attività riguardanti immobili di interesse artistico solamente qualora dimostrino, eventualmente nell’ambito di una specifica verifica della loro idoneità professionale, di possedere qualifiche nel settore dei beni culturali.

Per un focus specifico sulla vicenda è possibile consultare il nostro approfondimento dal titolo Confermata la competenza esclusiva degli architetti per gli interventi su beni immobili con vincolo culturale.

Competenza esclusiva degli architetti
Alla luce di questa pronuncia, il TAR Veneto ha affermato che “l’esercizio di tali attività (ovvero gli interventi restauro e recupero di edifici vincolati come beni culturali, ndr) – in regime di mutuo riconoscimento – sarà consentito ai soli professionisti che (al di là del nomen iuris del titolo posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività tipiche della professione di architetto“.

Viene pertanto confermata, di fatto, la competenza esclusiva degli architetti per tali tipologie di attività in merito ad immobili di interesse storico-artistico.

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