Distanze minime edifici: i lucernari (di tipo velux) sono luci o vedute?

I giudici del Consiglio di Stato in una recentissima sentenza (sez. IV, n. 4628 del 5 ottobre 2015) hanno analizzato e chiarito una norma del decreto ministeriale 1444/1968 in materia di distanza minima tra edifici.

La norma in questione è rappresentata dall’art. 9, che fissa la distanza minima che deve intercorrere tra “pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”. Ed è proprio sullo specifico concetto rappresentato dalla dicitura “pareti finestrate” che i giudici si sono soffermati: sotto il profilo formale, infatti, la definizione fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrate, per tali dovendosi intendere, secondo l’univoco e costante insegnamento della giurisprudenza, unicamente “le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci” (in questo senso esiste una folta giurisprudenza).

Conseguentemente, la norma non risulterebbe applicabile nel caso di presenza di un lucernario di tipo velux posto su un tetto di un edificio da cui i proprietari dello stesso prendono luce ed aria: i velux, infatti, non possono di certo considerarsi “vedute”, come afferma l’art. 900 del codice civile (recante rubrica “Specie di finestre” e recante l’affermazione “vedute o prospetti(…) permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente”).

In questo senso i velux non consentono né di affacciarsi sul fondo del vicino né di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente, configurandosi come semplici luci, consentendo il solo passaggio dell’aria e della luce.

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