In quali casi i gazebo non costituiscono semplici elementi di arredo?

Come è noto, un modesto gazebo nel proprio cortile è, di norma, un’opera qualificabile come arredo da esterno e la relativa installazione è subordinata ad una comunicazione inizio lavori (art. 6 comma 2 lett. e) del Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. n 380/2001).

La situazione è radicalmente diversa quando si installano numerosi gazebi che, coordinati fra loro, di fatto creano un nuovo volume utilizzabile in modo permanente per esigenze non temporanee.

Un esempio concreto può essere osservato attraverso la sentenza TAR Lazio, sez. I quater Roma 23 marzo 2016 n. 3605, nella quale i giudici, dinanzi a sette gazebi utilizzati quali ampliamento di un locale preesistente da parte del titolare di un’attività di ristorazione, hanno ricordato che tali strutture non possono essere ricondotte nella categoria di meri elementi di arredo pertinenziale perché raccordate tra loro al fine di creare un volume omogeneo e unitario, destinato a una utilizzazione duratura. E, per la giurisprudenza, i gazebo funzionali a soddisfare esigenze permanenti vanno considerati come manufatti alteranti lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico (C. Stato, V, 1 dicembre 2003, n. 7822; VI, 12 dicembre 2012, n. 6382; IV, 4 settembre 2013, n. 4438; vedasi anche VI, 3 giugno 2014, n. 2842), necessitanti perciò di un vero e proprio titolo edilizio (nella specie, il permesso di costruire).

In materia di opere precarie e pertinenziali da esterni (comprese i gazebi) ricordiamo il recente e-book edito da Maggioli e curato dai nostri autori Antonella Mafrica e Mario Petrulli, dal titolo Gli interventi edilizi per le opere precarie da esterni: una guida veloce sull’argomento, con riferimenti normativi e giurisprudenziali e numerosi esempi pratici.

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