Lavori pubblici: dalla Corte di Giustizia europea

La Corte di giustizia delle Comunità europee, con sentenza del 21 febbraio 2008, ha chiuso la procedura d’infrazione aperta dalla Commissione europea contro lo Stato italiano per le presunte incompatibilità con la normativa europea di alcune disposizioni della legge n. 109/94 come modificata dalla legge n. 166/02.

Le questioni più rilevanti riguardavano:

– l’affidamento delle opere di urbanizzazione o scomputo dei contributi connessi al permesso di costruire ed ai piani di lottizzazione
– il diritto di prelazione del promotore nella procedura di project financing

 

Corte di giustizia europea, Sez. II, 21/2/2008 n. C-412/04

Sull’inadempimento della Rep. italiana per aver adottato con la l. n. 109/1994, l. quadro in materia di ll.pp., le seguenti disposizioni.: art. 1, commi 1 e 5; art. 27, c. 2 e 28, c. in violazione delle direttive che coordinano gli appalti pubblici.

La Repubblica italiana avendo adottato l’art. 2, c. 1, della l.11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici, come modificata dalla l. 1º agosto 2002, n. 166, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, e della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE.

La Repubblica italiana avendo adottato l’art. 2, c. 5, di detta legge, come modificata, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva 93/37, come modificata.

La Repubblica italiana avendo adottato gli artt. 27, c. 2, e 28, c.4, della stessa legge, come modificata, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva 92/50, e della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni.

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
21 febbraio 2008 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi – Direttive 92/50/CEE, 93/36/CEE, 93/37/CEE e 93/38/CEE – Trasparenza – Parità di trattamento – Appalti esclusi, a causa del loro importo, dal campo di applicazione di queste direttive»

Nella causa C-412/04, avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 24 settembre 2004, Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. X. Lewis e K. Wiedner, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. G. Bambara, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo, convenuta, sostenuta da:
Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues, in qualità di agente,
Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dalla sig.ra H.G. Sevenster e dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti,
Repubblica di Finlandia, rappresentata dalla sig.ra A. Guimaraes-Purokoski, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. L. Bay Larsen, K. Schiemann, J. Makarczyk (relatore) e J.-C. Bonichot, giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 novembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo adottato le disposizioni di cui:

– agli artt. 2, commi 1 e 5, 17, comma 12, 27, comma 2; 30, comma 6 bis, 37 ter e 37 quater, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici (Supplemento ordinario alla GURI n. 41 del 19 febbraio 1994), come modificata dalla legge 1º agosto 2002, n. 166 (Supplemento ordinario alla GURI n. 181 del 3 agosto 2002; in prosieguo: la «legge n. 109/1994»),

– all’art. 28, comma 4, della legge n. 109/1994, in combinato disposto con l’art. 188 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, recante regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni (Supplemento ordinario alla GURI n. 98 del 28 aprile 2000; in prosieguo: il «DPR n. 554/1999»), e all’art. 3, n. 3, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, relativo all’attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi (Supplemento ordinario alla GURI n. 104 del 6 maggio 1995; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 157/1995»),

é venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU L 199, pag. 1), della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU L 199, pag. 54), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE, (GU L 328, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 93/37»), della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 199, pag. 84), nonché in forza degli artt. 43 CE e 49 CE e dei principi di trasparenza e di parità di trattamento che ne costituiscono il corollario.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

2 Le direttive 92/50, 93/36, 93/37 e 93/38 sono state adottate nell’ambito della realizzazione del mercato interno, definito come uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Esse mirano a eliminare pratiche che restringono la concorrenza in generale e limitano la partecipazione dei cittadini di altri Stati membri agli appalti pubblici per dare attuazione, in particolare, alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi sancite, rispettivamente, agli artt. 43 CE e 49 CE.

3 Secondo il sedicesimo ‘considerando’ della direttiva 92/50, gli appalti pubblici di servizi possono, in certi casi, includere lavori e dalla direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, 71/305/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (GU L 185, pag. 5), risulta che un appalto può essere considerato appalto pubblico di lavori soltanto se il suo oggetto consiste nel realizzare un’opera. Tali lavori non possono giustificare la classificazione del contratto come appalto pubblico di lavori nella misura in cui sono accessori e non costituiscono l’oggetto dell’appalto.

4 Emerge dall’art. 8 della direttiva 92/50 che gli appalti pubblici aventi per oggetto servizi elencati nell’allegato I A di tale direttiva devono essere aggiudicati conformemente alle disposizioni dei titoli III-VI di quest’ultima. Il titolo III è dedicato alla scelta delle procedure d’aggiudicazione e alle norme relative ai concorsi di progettazione.

5 Sono, in particolare, menzionati nella categoria 12 dell’allegato I A della direttiva 92/50 i servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, i servizi attinenti all’urbanistica e alla paesaggistica, i servizi affini di consulenza scientifica e tecnica nonché i servizi di sperimentazione tecnica ed analisi.

6 Ai sensi dell’art. 15 della direttiva 93/38, gli appalti aventi ad oggetto servizi compresi nell’allegato XVI A di tale direttiva sono aggiudicati conformemente alle disposizioni dei titoli III-V di quest’ultima. Il titolo IV di detta direttiva è dedicato alle procedure per l’aggiudicazione degli appalti.

7 La categoria 12 di detto allegato XVI A è identica alla categoria 12 dell’allegato I A della direttiva 92/50.

8 Ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 93/37, «gli “appalti pubblici di lavori” sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta tra un imprenditore e un’amministrazione aggiudicatrice di cui alla lettera b), aventi per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, l’esecuzione e la progettazione dei lavori relativi ad una delle attività di cui all’allegato II o di un’opera di cui alla lettera c), oppure l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dall’amministrazione aggiudicatrice».

9 L’art. 6, n. 1, di detta direttiva precisa il campo di applicazione della stessa in relazione al valore stimato dei diversi appalti pubblici di lavori in esame. Dal n. 3 dello stesso articolo risulta che, quando un’opera è ripartita in più lotti ciascuno dei quali forma l’oggetto di un appalto, per valutare l’importo di cui al n. 1 di tale articolo deve essere preso in considerazione il valore di ciascun lotto e che, se il valore cumulato dei lotti è pari o superiore a detto importo, le disposizioni di qust’ultimo paragrafo si applicano, in via di principio, a tutti i lotti.

La normativa nazionale

10 Gli appalti pubblici di lavori sono disciplinati dalla legge n. 109/1994, attuata dal DPR n. 554/1999.

11 Ai sensi dell’art. 2, comma 1, della legge n. 109/1994, si devono intendere per lavori pubblici, se affidati ai soggetti di cui al comma 2 di detto articolo, le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere e impianti. Tale disposizione estende il campo di applicazione della legge n. 109/1994 ai contratti misti di lavori, di forniture o di servizi nonché ai contratti di forniture o servizi che comprendono lavori accessori qualora questi ultimi assumano rilievo superiore al 50%.

12 L’art. 3, n. 3, del decreto legislativo n. 157/1995, prevede che, per quanto riguarda i contratti misti di lavori e di servizi nonché i contratti di servizi che comprendono lavori accessori, si applicano le disposizioni della legge n. 109/1994 qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 50%.

13 L’art. 2, comma 5, della legge n. 109/1994, esclude dal campo di applicazione di quest’ultima gli interventi eseguiti direttamente dai privati a scomputo di contributi connessi ad atti abilitanti all’attività edilizia nonché gli interventi conseguenti agli obblighi di cui all’art. 28, quinto comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, legge urbanistica (GURI n. 244 del 16 ottobre 1942), come modificata (in prosieguo: la «legge n. 1150/1942»). Detto art. 2, comma 5, esclude anche da tale campo di applicazione gli interventi a questi assimilabili. Tale ultima disposizione precisa che, qualora l’importo delle opere, considerate individualmente, ecceda la soglia comunitaria, i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure previste dalla direttiva 93/37.

14 A tal riguardo, dagli artt. 1 e 31 della legge n. 1150/1942, nonché dagli artt. 3 e 11 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, recante norme in materia di edificabilità dei suoli (GURI n. 27 del 29 gennaio 1977), come modificata (in prosieguo: la «legge n. 10/1977»), si deduce che il titolare di una concessione può realizzare per proprio conto opere di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale della quota dovuta a titolo di imposta.

15 Oltre agli appalti pubblici di lavori, la legge n. 109/1994 disciplina taluni appalti pubblici di servizi.

16 Pertanto, l’art. 17, comma 12, di tale legge autorizza le stazioni appaltanti ad affidare appalti pubblici di servizi aventi ad oggetto incarichi di progettazione e di direzione di lavori il cui importo stimato sia inferiore a EUR 100 000, per il tramite del responsabile del procedimento, ai soggetti di cui al comma 1, lett. d) – g), di detto art. 17 di loro fiducia previa verifica dell’esperienza e della capacità professionali dei soggetti stessi, e motivando questa scelta.

17 Ai sensi dell’art. 27, comma 2, della legge n. 109/1994, qualora le amministrazioni aggiudicatrici non possano espletare l’attività di direzione dei lavori, essa è affidata, nell’ordine, o ad altre amministrazioni pubbliche, o al progettista incaricato ai sensi dell’art. 17, comma 4, di detta legge, o ad altri soggetti scelti con le procedure previste dalla normativa nazionale di recepimento delle disposizioni comunitarie in materia.

18 Ai sensi dell’art. 28, comma 4, della legge n. 109/1994, le operazioni di collaudo sono affidate a uno, due o tre tecnici di elevata e specifica qualificazione con riferimento al tipo, alla complessità e all’importo dei lavori. Tali tecnici sono nominati dalle amministrazioni appaltatrici nell’ambito delle proprie strutture, salvo che nell’ipotesi di carenza di organico accertata e certificata dal responsabile del procedimento.

19 L’art. 30, comma 6 bis, di detta legge offre la stessa possibilità per quanto riguarda gli incarichi di verifica che sono in via di principio affidati agli uffici tecnici delle stazioni appaltanti o agli organismi di controllo di cui alla lett. a) di questo medesimo comma.

20 Dai nn. 1, 3, 8, 9, 11, 12 e 13 dell’art. 188 del DPR n. 554/1999 si evince inoltre che, entro trenta giorni dalla data di ultimazione dei lavori, ovvero dalla data di consegna dei lavori in caso di collaudo in corso d’opera, le stazioni appaltanti attribuiscono l’incarico del collaudo ai loro collaboratori, a seconda della tipologia e della categoria degli interventi, della loro complessità e del relativo importo, nonché sulla base di criteri previamente stabiliti.

21 Nel caso di carenza nel proprio organico di soggetti in possesso dei requisiti necessari, ci si rivolge a soggetti esterni iscritti in elenchi istituiti presso il Ministero dei Lavori pubblici, le Regioni o le Province autonome.

22 In assenza di tali elenchi, le stazioni appaltanti possono affidare discrezionalmente gli incarichi di collaudo a soggetti comunque in possesso dei requisiti prescritti e che rispondono alle condizioni richieste.

23 Gli artt. 37 bis, 37 ter e 37 quater della legge 109/94 riguardano l’affidamento degli appalti di lavori pubblici finanziati, in tutto o in parte, da soggetti privati.

24 L’art. 37 bis autorizza i privati a presentare alle stazioni appaltanti proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità e a stipulare i relativi contratti che comprendono il finanziamento e la gestione dei lavori.

25 L’art. 37 ter delinea la procedura per la selezione del promotore. Esso prevede, infatti, che le amministrazioni aggiudicatrici valutino la fattibilità delle proposte presentate sotto il profilo costruttivo, urbanistico, ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, della fruibilità dell’opera, dell’accessibilità al pubblico, del rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, dei tempi di ultimazione dei lavori della concessione, delle tariffe da applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico e finanziario del piano e del contenuto della bozza di convenzione. Tali amministrazioni aggiudicatrici devono verificare l’assenza di elementi ostativi all’esecuzione di queste proposte e, esaminatele anche comparativamente, sentiti i promotori che ne facciano richiesta, provvedono a individuare la proposta che ritengono di pubblico interesse.

26 In tal caso, conformemente all’art. 37 quater della legge n. 109/1994, si applica una procedura ristretta al fine di ottenere la presentazione di due offerte aggiuntive. La concessione viene in seguito aggiudicata al termine di una procedura negoziata che prevede l’esame della proposta del promotore inizialmente selezionato e di queste altre due offerte. Nel corso di questa procedura, il detto promotore può adeguare la propria proposta a quella giudicata dall’amministrazione aggiudicatrice più conveniente. In questo caso, il promotore risulterà aggiudicatario della concessione.

Fase precontenziosa del procedimento

27 La Commissione, dopo aver ricevuto denunce sugli effetti della legge 109/1994 nella sua versione iniziale, ha seguito il processo di adozione del progetto di legge volto a modificare la legge.

28 In seguito all’adozione della legge 1° agosto 2002, n. 166, che modifica la legge n. 109/1994, la Commissione ha inviato, in data 19 dicembre 2002, una lettera di diffida alla Repubblica italiana, indicando a quest’ultima che talune disposizioni della legge n. 109/1994 le sembravano ancora incompatibili con il diritto comunitario.

29 Con lettera 26 giugno 2003, la Repubblica italiana dichiarava di condividere la maggior parte dei rilievi sollevati dalla Commissione e manifestava a quest’ultima la sua intenzione di modificare di conseguenza la normativa vigente.

30 Non avendo però la Repubblica italiana proceduto alle modifiche annunciate, la Commissione le ha inviato un parere motivato, in data 15 ottobre 2003, invitandola ad adottare le misure necessarie per conformarsi a tale parere entro un termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica.

31 La Commissione, ritenendo insoddisfacente la posizione assunta dalla Repubblica italiana in una lettera del 22 aprile 2004, ha proposto, ai sensi dell’art. 226, secondo comma, CE, il presente ricorso.

32 Con ordinanza del presidente della Corte 6 aprile 2005, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica di Finlandia sono stati ammessi ad intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana. Solo il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica di Finlandia hanno depositato memorie di intervento.

Sul ricorso

33 Il presente ricorso si basa su sei censure.

Sulla prima censura

34 La prima censura verte sulla disciplina dei contratti misti quale risulta dalla legge n. 109/1994.

35 Dalle disposizioni del suo art. 2, comma 1, che ha per oggetto la delimitazione della nozione di lavori pubblici, risulta che tale legge riguarda le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti, se affidate ai soggetti di cui al comma 2 dello stesso articolo. Il comma 1 precisa che i contratti misti di lavori, forniture e servizi nonché i contratti di forniture o servizi che comprendono lavori accessori sono sottoposti alle disposizioni della legge n. 109/1994 qualora tali lavori assumano rilievo superiore al 50%.

36 Allo stesso modo, l’art. 3, n. 3, del decreto legislativo n. 157/1995, prevede che, per quanto riguarda i contratti misti di lavori e di servizi nonché i contratti di servizi che comprendono lavori accessori, le disposizioni della legge n. 109/94 si applicano qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 50%.

Argomenti delle parti

37 La Commissione sostiene che il regime giuridico applicabile agli appalti misti deve dipendere dall’oggetto principale dell’appalto, determinato inter alia, ma non esclusivamente, dal valore delle diverse prestazioni.

38 A tale riguardo, la Commissione ritiene che, assoggettando alla disciplina sugli appalti pubblici di lavori i contratti nei quali la componente lavori è prevalente dal punto di vista economico, pur avendo tuttavia carattere accessorio rispetto alle altre prestazioni, la disciplina italiana abbia come conseguenza la sottrazione di numerosi appalti di servizi e forniture con un valore stimato superiore alle soglie d’applicazione stabilite dalle direttive 92/50 e 93/36, ma inferiore a quella prevista dalla direttiva 93/37, all’applicazione della pertinente disciplina comunitaria.

39 La Repubblica italiana replica che, in attesa della modifica delle norme nazionali di cui trattasi, alla quale si è proceduto al fine di rispondere alle obiezioni della Commissione, era stata adottata la circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 18 dicembre 2003, n. 2316, sulla disciplina dei contratti misti negli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi (GURI n. 79 del 3 aprile 2004, pag. 26), con la quale le amministrazioni aggiudicatrici sono state invitate a rispettare il principio secondo cui, in caso di appalti misti, è necessario tener conto, per la determinazione della normativa applicabile, dell’oggetto principale del contratto, affinché l’aspetto economico non costituisca più il criterio predominante a tal riguardo.

40 La legge 18 aprile 2005, n. 62, recante disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee, Legge comunitaria 2004 (Supplemento ordinario alla GURI n. 96 del 27 aprile 2005; in prosieguo: la «legge comunitaria 2004»), avrebbe confermato tale soluzione.

41 La Repubblica di Finlandia ritiene che il valore economico sia un criterio determinante nella valutazione dell’oggetto principale del contratto e che un tale approccio debba essere escluso solo in situazioni eccezionali, ossia quando il ricorso al criterio del valore economico ha come finalità di ostacolare l’applicazione del diritto comunitario.

Giudizio della Corte

42 In via preliminare, si deve ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 10 aprile 2003, causa C-114/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-3783, punto 9, e 14 luglio 2005, causa C-433/03, Commissione/Germania, Racc. pag. I-6985, punto 32).

43 A tal riguardo, non si può tener conto dell’adozione di provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi successivamente alla data di scadenza di detto termine.

44 Di conseguenza, è in relazione alla normativa vigente al 15 dicembre 2003, data di scadenza del termine di due mesi impartito nel parere motivato del 15 ottobre 2003, che occorre pronunciarsi sull’eventuale esistenza dell’inadempimento fatto valere nell’ambito della presente censura, posto che, a tale data, né la circolare considerata al punto 39 della presente sentenza né la normativa nazionale menzionata al punto 40 erano state adottate.

45 Per quanto riguarda la nozione di «appalti pubblici di lavori», ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 93/37, occorre rilevare che questa riguarda i contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta tra un imprenditore e un’amministrazione aggiudicatrice di cui alla lett. b) di tale articolo aventi per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, l’esecuzione e la progettazione dei lavori relativi ad una delle attività di cui all’allegato II di tale direttiva o di un’opera di cui alla lett. c) di detto art. 1, oppure l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dall’amministrazione aggiudicatrice.

46 Inoltre, dal sedicesimo ‘considerando’ della direttiva 92/50, in combinato disposto con l’art. 1, lett. a), della direttiva 93/37, risulta che un appalto può essere considerato appalto pubblico di lavori soltanto se il suo oggetto corrisponde alla definizione data al punto precedente e che i lavori non possono giustificare la classificazione dell’appalto come appalto pubblico di lavori nella misura in cui sono accessori e non costituiscono l’oggetto dell’appalto.

47 Deriva, inoltre, dalla giurisprudenza della Corte che, qualora un contratto contenga sia elementi riguardanti un appalto pubblico di lavori sia elementi riguardanti un altro tipo di appalto pubblico, è l’oggetto principale del contratto a determinare quale direttiva comunitaria in materia di appalti pubblici debba in linea di principio essere applicata (v. sentenza 18 gennaio 2007, causa C-220/05, Auroux e a., Racc. pag. I-385, punto 37).

48 Pertanto, il campo di applicazione della direttiva 93/37 è collegato all’oggetto principale del contratto, il quale deve essere determinato nell’ambito di un esame obiettivo dell’insieme dell’appalto cui si riferisce tale contratto.

49 Questa determinazione deve avvenire tenendo conto degli obblighi essenziali che prevalgono e che, in quanto tali, caratterizzano tale appalto in opposizione a quelli che rivestono solo un carattere accessorio o complementare e sono imposti dall’oggetto stesso del contratto; il valore rispettivo delle varie prestazioni presenti costituisce, a tal riguardo, solo un criterio tra altri da prendere in considerazione ai fini della determinazione dell’oggetto principale del contratto.

50 Da quanto precede si può dedurre, come ha indicato l’avvocato generale ai paragrafi 38 e 74 delle sue conclusioni, che il valore dei lavori non può costituire, in ogni caso, il criterio esclusivo idoneo a comportare l’applicazione della legge n. 109/1994 ad un contratto misto, allorché questi lavori sono solo accessori, salvo violare le disposizioni della direttiva 93/37.

51 La regola contenuta nell’art. 2, comma 1, della legge n. 109/1994 ha anche per effetto di violare le disposizioni delle direttive 92/50 e 93/36 in quanto la sua applicazione può condurre a sottrarre alle procedure previste da queste direttive taluni appalti misti, ossia quelli nei quali il valore dei lavori, benché accessori, rappresenti più del 50% del prezzo totale e quest’ultimo rimanga inferiore al limite fissato dalla direttiva 93/37, mentre esso raggiunge le soglie stabilite dalle direttive 92/50 e 93/36.

52 Di conseguenza, occorre constatare che la Repubblica italiana, avendo adottato l’art. 2, comma 1, della legge n. 109/1994, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi delle direttive 92/50, 93/36 e 93/37.

Sulla seconda censura

53 La seconda censura si riferisce all’attribuzione diretta di lavori o di opere al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato se questi lavori o opere hanno un valore inferiore alla soglia di applicazione della direttiva 93/37.

54 Ai sensi dell’art. 2, comma 5, della legge n. 109/1994, gli interventi eseguiti direttamente dai privati a scomputo di contributi connessi ad atti abilitanti all’attività edilizia, gli interventi conseguenti agli obblighi di cui all’art. 28, quinto comma, della legge n. 1150/1942, e i lavori analoghi a queste due categorie di interventi, non rientrano nel campo d’applicazione della legge n. 109/1994. Il detto art. 2, comma 5, precisa tuttavia che, qualora l’importo delle singole opere ecceda la soglia stabilita dalle norme comunitarie in vigore, l’attribuzione dell’appalto deve avvenire nel rispetto delle procedure di gara previste dalla direttiva 93/37.

55 Dagli artt. 1 e 31 della legge n. 1150/1942 nonché dagli artt. 3 e 11 della legge n. 10/1977, si deduce anche che il titolare di una concessione può realizzare per proprio conto opere di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale della quota dovuta a titolo di imposta.

Argomenti delle parti

56 La Commissione sostiene, da un lato, che le disposizioni della legge n. 109/1994, in combinato disposto con le disposizioni pertinenti delle leggi n. 1150/1942 e n. 10/1977, consentono l’affidamento diretto dei lavori o di un’opera che costituiscono appalti pubblici di lavori ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 93/37 al titolare di una convenzione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato, senza garantire, con disposizioni esplicite, l’applicazione dei principi di trasparenza e di parità di trattamento sanciti dal Trattato CE, che devono essere rispettati anche se l’importo valutato è inferiore alla soglia di applicazione di tale direttiva.

57 D’altra parte essa afferma che, per determinare se tale soglia sia raggiunta, occorre calcolare il valore complessivo dei lavori e/o delle opere che rientrano nella convenzione stipulata fra il privato e l’amministrazione, poiché tali lavori e/o tali opere devono essere considerati come lotti distinti di un unico appalto. Il fatto che, secondo la normativa nazionale, le procedure di gara si applicano solo se questa convenzione comprende opere o lavori che, singolarmente considerati, hanno un valore che supera la soglia di applicazione delle norme comunitarie in materia, violerebbe quindi le disposizioni della direttiva 93/37, escludendo dal campo di applicazione delle disposizioni nazionali di recepimento appalti il cui valore complessivo è superiore a detta soglia, e ciò a causa dell’insufficienza degli importi corrispondenti a ciascuna delle prestazioni che questi appalti comprendono.

58 Secondo la Repubblica italiana, per quanto riguarda, in primo luogo, le opere di urbanizzazione di un valore inferiore alla soglia di applicazione della normativa comunitaria e eseguite dal titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato, non è necessario, nella fase del recepimento, richiamare specificamente le norme del Trattato in materia di pubblicità e di concorrenza nonché le relative interpretazioni giurisprudenziali della Corte.

59 In secondo luogo, la Repubblica italiana mette in evidenza sia le particolarità del settore dell’urbanizzazione, nel quale i lottizzatori si sostituiscono alle collettività locali, sia le caratteristiche delle convenzioni di lottizzazione concluse tra queste collettività e questi lottizzatori.

60 Siffatte convenzioni comporterebbero solo l’obbligo, per la collettività locale interessata, di rilasciare concessioni edilizie, con l’onere per il lottizzatore di realizzare i lavori di urbanizzazione della zona di cui trattasi, sulla base di progetti che la detta collettività si riserva di approvare.

61 Il fatto di aver affidato allo stesso lottizzatore la realizzazione di opere multiple, per natura eterogenee, non potrebbe comportare, per il solo motivo che il lottizzatore è proprietario dei suoli interessati, l’obbligo di aggregare queste opere ai fini dell’applicazione della direttiva 93/37. La Repubblica italiana sottolinea, a tal riguardo, che, nella sentenza 12 luglio 2001, causa C-399/98, Ordine degli Architetti e a. (Racc. pag. I-5409), la Corte si è pronunciata su una situazione diversa da quella della fattispecie, in quanto riguardava la realizzazione di un’opera avente carattere palesemente unitario.

62 Secondo il Regno dei Paesi Bassi, gli appalti pubblici il cui valore si colloca al di sotto delle soglie di applicazione previste dalle direttive in materia, sfuggono al principio di trasparenza. Esso aggiunge che queste direttive prevedono esse stesse esplicitamente talune deroghe, avendo così il legislatore comunitario scelto, in tali casi, di dare la priorità a interessi diversi dalla trasparenza.

63 La Repubblica di Finlandia sostiene che gli appalti il cui valore è inferiore alle soglie fissate dalle dette direttive, benché siano, per tale motivo, esclusi dal campo di applicazione di queste, sono assoggettati di diritto alle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci e dei servizi e alla libertà di stabilimento.

64 Di conseguenza, la normativa nazionale non dovrebbe, per quanto riguarda i detti appalti, introdurre un obbligo specifico di pubblicità o di messa in concorrenza.

Giudizio della Corte

65 Occorre in primo luogo rilevare che il legislatore comunitario ha fatto la scelta esplicita e di principio di lasciare gli appalti inferiori ad un certo limite al di fuori del regime di pubblicità che ha introdotto, non imponendo di conseguenza alcun obbligo specifico relativamente ad essi.

66 Inoltre, quando sia accertato che un tale appalto presenti un interesse transfrontaliero certo, l’affidamento, in mancanza di qualsiasi trasparenza, di tale appalto ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate a tale appalto. Salvo non sia giustificata da circostanze obiettive, siffatta disparità di trattamento, che, escludendo tutte le imprese aventi sede in un altro Stato membro, opera principalmente a danno di queste ultime, costituisce una discriminazione indiretta in base alla nazionalità, vietata ai sensi degli artt. 43 CE e 49 CE (v., in tal senso, riguardo alla direttiva 92/50, sentenza 13 novembre 2007, causa C-507/03, Commissione/Irlanda, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 30 e 31, nonché la giurisprudenza ivi citata).

67 Nella misura in cui, da una parte, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, ai sensi dell’art. 249 CE, le direttive vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere e, dall’altra, il legislatore comunitario ha escluso, in particolare mediante la fissazione di soglie, taluni appalti dal campo di applicazione della direttiva 93/37, gli Stati membri non sono tenuti ad adottare, nella loro normativa di trasposizione di tale direttiva, disposizioni che richiamano l’obbligo di rispettare gli artt. 43 CE e 49 CE, che trova applicazione solo nelle condizioni richiamate al punto precedente della presente sentenza.

68 L’astensione a tal riguardo del legislatore italiano, per quanto riguarda gli appalti pubblici che interessano le opere di urbanizzazione di un valore inferiore alla soglia di applicazione della direttiva 93/37 eseguite dal titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato, nel caso in cui è dimostrata l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, non mette perciò in discussione l’applicabilità ai detti appalti degli artt. 43 CE e 49 CE.

69 Di conseguenza, la seconda censura, in quanto si basa sulla violazione delle norme fondamentali del Trattato, deve essere respinta.

70 In secondo luogo, riguardo al campo di applicazione dell’art. 2, comma 5, della legge n. 109/1994, in relazione a quanto disposto dalla direttiva 93/37, occorre anzitutto ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, il fatto che una disposizione di diritto nazionale che prevede la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione da parte del titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato, a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, faccia parte di un complesso di norme in materia urbanistica dotate di caratteristiche proprie e dirette al raggiungimento di specifici obiettivi, distinti da quelli della direttiva 93/37, non è sufficiente a escludere la realizzazione diretta dall’ambito di applicazione di quest’ultima, qualora risultino soddisfatti tutti gli elementi necessari affinché essa vi rientri (v. sentenza Ordine degli Architetti e a., cit., punto 66).

71 Questa realizzazione deve pertanto essere assoggettata alle procedure previste dalla direttiva 93/37 allorché soddisfa le condizioni indicate da quest’ultima perché sussista un appalto pubblico di lavori e, in particolare, allorché è presente l’elemento contrattuale richiesto dall’art. 1, lett. a), di tale direttiva e il valore dell’opera è pari o superiore alla soglia fissata all’art. 6, n. 1, della stessa.

72 Inoltre, dall’art. 6, n. 3, della direttiva 93/37 risulta che, quando un’opera è ripartita in più lotti ciascuno dei quali forma l’oggetto di un appalto, deve essere preso in considerazione il valore di ciascun lotto per valutare l’importo di cui al n. 1 dello stesso articolo, che determinerà se tale direttiva si applichi o meno a tutti i lotti. Peraltro, in applicazione dell’art. 6, n. 4, della stessa, nessuna opera e nessun appalto possono essere scissi al fine di sottrarsi all’applicazione della direttiva 93/37.

73 Di conseguenza, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 88 delle sue conclusioni, qualora la convenzione stipulata tra un singolo, proprietario di suoli edificatori, e l’amministrazione comunale risponda ai criteri di definizione della nozione di «appalti pubblici di lavori» ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 93/37, richiamati al punto 45 della presente sentenza, l’importo di stima che in via di principio deve essere preso in considerazione al fine di verificare se la soglia stabilita da tale direttiva sia raggiunta, e se, di conseguenza, l’attribuzione dell’appalto debba rispettare le norme di pubblicità poste dalla stessa, può essere determinato solo in relazione al valore globale dei differenti lavori ed opere, sommando i valori dei differenti lotti.

74 Prevedendo una procedura di attribuzione conforme a quanto disposto dalla direttiva 93/37 unicamente nell’ipotesi in cui l’importo di stima di ciascuno di questi lotti, considerato individualmente, supera la soglia di applicazione della stessa, la normativa italiana è incompatibile con tale direttiva.

75 Da quanto precede risulta che l’art. 2, comma 5, della legge n. 109/1994 viola le disposizioni della direttiva 93/37 limitando indebitamente il ricorso alle procedure che questa istituisce.

Sulla terza censura

76 La terza censura verte sull’affidamento delle attività di progettazione, di direzione e di vigilanza dei lavori nell’ambito di appalti pubblici di servizi con un valore inferiore alle soglie di applicazione delle disposizioni comunitarie in materia.

77 Secondo gli artt. 17, comma 12, e 30, comma 6 bis, della legge n. 109/1994, gli appalti pubblici di servizi aventi ad oggetto attività di progettazione, di direzione dei lavori nonché attività di verifica dell’esecuzione di questi ultimi, il cui importo stimato sia inferiore alla soglia di applicazione della direttiva 92/50, possono essere affidati a soggetti che godono della fiducia della stazione appaltante.

Argomenti delle parti

78 La Commissione critica queste disposizioni, che autorizzano il ricorso ad un metodo di attribuzione degli appalti pubblici di servizi in questione che esclude qualsiasi forma di pubblicità, poiché, anche se questi appalti non rientrano nel campo di applicazione della direttiva 92/50, essi restano assoggettati alle norme del Trattato relative alla libera prestazione di servizi e alla libertà di stabilimento nonché ai principi di non discriminazione, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza.

79 La Repubblica italiana fa valere che ogni regola di diritto derivato deve essere interpretata sulla base dei principi generali del Trattato e che qualsiasi interpretazione che se ne discostasse sarebbe illegittima. L’eventuale illegittimità potrebbe in ogni caso risultare solo da una cattiva applicazione della norma ad un caso di specie. Non potrebbe quindi sussistere, nella fase del recepimento della normativa comunitaria, un obbligo di far riferimento specificamente alle disposizioni del Trattato.

80 Essa aggiunge che una circolare ministeriale aveva attirato l’attenzione delle amministrazioni aggiudicatrici sulla necessità di rispettare i principi generali di non discriminazione, di parità di trattamento e di trasparenza, e che, in ogni caso, l’attribuzione diretta degli appalti di cui trattasi a soggetti di fiducia può avvenire solo dopo verifica della loro esperienza e della loro capacità professionali.

Giudizio della Corte

81 Come è stato indicato al punto 66 della presente sentenza, è pacifico che gli appalti pubblici di servizi che si collocano al di fuori del campo di applicazione della direttiva 92/50 e per i quali è dimostrato che presentano un interesse transfrontaliero certo, rimangono assoggettati alle libertà fondamentali previste dal Trattato alle condizioni precisate dalla giurisprudenza richiamata nel detto punto.

82 Dal momento che gli obblighi derivanti dal diritto primario relativi alla parità di trattamento e alla trasparenza trovano così applicazione di pieno diritto a questi appalti anche se esclusi dal campo di applicazione della detta direttiva in considerazione del loro importo, purché siano rispettate le condizioni stabilite da questa giurisprudenza, non si può richiedere che la normativa nazionale di recepimento della detta direttiva li richiami esplicitamente.

83 Pertanto occorre respingere la terza censura.

Sulla quarta e la quinta censura

84 La quarta censura verte sulle disposizioni dell’art. 27, comma 2, della legge n. 109/1994, secondo le quali, qualora le amministrazioni aggiudicatrici non possano espletare le attività di direzione dei lavori che spettano in via di principio ai loro uffici tecnici, queste attività sono affidate al progettista incaricato ai sensi dell’art. 17, comma 4, di detta legge.

85 La quinta censura si riferisce all’affidamento delle operazioni di collaudo e dei compiti di vigilanza di lavori pubblici così come disciplinata dagli artt. 28, comma 4, della legge n. 109/1994 e 188 del DPR n. 554/1999. Dal combinato disposto di queste disposizioni risulta che, se questi compiti spettano in via di principio agli uffici tecnici delle amministrazioni aggiudicatrici, in caso di carenza di organico accertata e certificata dal responsabile del procedimento, l’amministrazione può affidare i detti compiti a soggetti esterni iscritti in elenchi appositamente istituiti presso il Ministero dei Lavori pubblici, senza esperire nessuna procedura di messa in concorrenza.

Argomenti delle parti

86 La Commissione ritiene che le disposizioni degli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, della legge n. 109/1994, in quanto consentono di attribuire direttamente, senza messa in concorrenza, gli appalti pubblici di servizi in questione, violino, a seconda del valore dei detti appalti, sia le direttive 92/50 e 93/38, sia gli artt. 43 CE e 49 CE.

87 La Repubblica italiana replica che ha preso atto delle critiche formulate dalla Commissione ed ha di conseguenza modificato la sua normativa adottando la legge comunitaria 2004.

Giudizio della Corte

88 Occorre sottolineare, in via preliminare, che, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 42 della presente sentenza, nell’ambito della valutazione delle censure formulate dalla Commissione deve essere presa in considerazione solo la normativa nazionale vigente al 15 dicembre 2003.

89 In primo luogo, occorre rilevare che le uniche deroghe consentite all’applicazione delle direttive 92/50 e 93/38 sono quelle in essa tassativamente ed espressamente menzionate (v., per analogia, sentenze 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal, Racc. pag. I-8121, punto 43, nonché 11 maggio 2006, causa C-340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei, Racc. pag. I-4137, punto 45).

90 Orbene, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 101 delle sue conclusioni, le attività di direzione e di vigilanza dei lavori rientrano nella categoria 12 sia dell’allegato I A della direttiva 92/50 che dell’allegato XVI A della direttiva 93/38.

91 A tal riguardo, risulta, da un lato, dall’art. 8 della direttiva 92/50 che gli appalti che hanno per oggetto i servizi che figurano nell’allegato I A vengono aggiudicati conformemente, in particolare, alle disposizioni del titolo III di tale direttiva che è dedicato alla scelta delle procedure di aggiudicazione e, dall’altro, dall’art. 15 della direttiva 93/38 che gli appalti di forniture e di lavori nonché gli appalti che hanno per oggetto servizi che figurano nell’allegato XVI A vengono aggiudicati conformemente, in particolare, alle disposizioni del titolo IV di quest’ultima direttiva relativo alle procedure di aggiudicazione.

92 Di conseguenza, in quanto l’affidamento dell’attività di direzione dei lavori deve essere effettuato conformemente alle regole enunciate dalle direttive 92/50 e 93/38, l’attribuzione diretta al progettista quale risulta dall’art. 27, comma 2, della legge n. 109/1994, viola queste direttive per quanto riguarda gli appalti che rientrano, in considerazione del loro valore, nel campo di applicazione delle stesse.

93 Analogamente, in quanto l’affidamento delle attività di verifica dei lavori deve essere effettuata conformemente alle regole enunciate dalle direttive 92/50 e 93/38, l’affidamento a soggetti esterni alle condizioni enunciate dagli artt. 28, comma 4, della legge n. 109/1994, e 188 del DPR n. 554/1999, viola le dette direttive per quanto riguarda gli appalti che rientrano nel loro campo di applicazione.

94 In secondo luogo, per quanto riguarda gli appalti per i quali il valore dei servizi interessati è inferiore alla soglia di applicazione delle direttive 92/50 e 93/38, l’assenza, nelle disposizioni nazionali applicabili, di menzione esplicita relativa all’applicazione degli obblighi derivanti dal Trattato, non può significare, come è stato detto ai punti 68 e 82 della presente sentenza, che non è imposto il rispetto del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza nell’attribuzione di tali appalti purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla giurisprudenza ricordata al punto 66 della presente sentenza.

95 Di conseguenza, la quarta e quinta censura devono essere respinte in quanto si riferiscono alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE, ma sono fondate per il resto.

Sulla sesta censura

96 La sesta censura verte sugli artt. 37 bis, 37 ter e 37 quater della legge n. 109/1994, in applicazione dei quali le amministrazioni possono autorizzare l’esecuzione, mediante soggetti esterni ad esse, di lavori pubblici suscettibili di gestione economica secondo un progetto di attribuzione specifico. In una prima fase, i terzi sono invitati a presentare, in quanto promotori, proposte per l’attribuzione di concessioni, ed i costi sono assunti, parzialmente o integralmente, da questi promotori. Una volta valutate le proposte, quelle ritenute di interesse pubblico vengono selezionate in una seconda fase nel corso della quale viene aperta, per ciascuna delle proposte accolte, una procedura di gara ristretta destinata a selezionare due offerte.

97 L’amministrazione aggiudicatrice apre poi una procedura negoziata con il promotore e gli altri soggetti che hanno presentato le due migliori offerte nell’ambito della detta procedura di gara e il promotore ha la possibilità di adeguare la propria proposta a quella giudicata dall’amministrazione più conveniente.

Argomenti delle parti

98 La Commissione fa valere che questa normativa può costituire una violazione del principio di parità di trattamento.

99 Essa ritiene infatti che le modalità di messa in concorrenza della concessione conferiscano al promotore un doppio vantaggio rispetto a tutti gli altri concorrenti potenziali.

100 Così, da una parte, il promotore sarebbe automaticamente chiamato a partecipare alla procedura negoziata al fine dell’attribuzione della concessione, indipendentemente da qualsiasi confronto tra la sua proposta e le offerte presentate dai partecipanti alla gara.

101 D’altra parte, il promotore avrebbe la possibilità di modificare la sua proposta nel corso della procedura negoziata al fine di adeguarla all’offerta giudicata dall’amministrazione più conveniente. In concreto questo vantaggio equivarrebbe al riconoscimento, a favore del promotore, di un diritto di priorità nell’attribuzione della concessione.

102 La Repubblica italiana precisa che la legge comunitaria 2004, di cui al punto 40 della presente sentenza, ha preso in considerazione le obiezioni della Commissione.

Giudizio della Corte

103 Dall’art. 38, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte e dalla giurisprudenza ad esso relativa emerge che il ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi e che tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali un ricorso si basa devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo del ricorso stesso e che le conclusioni di quest’ultimo devono essere formulate in modo inequivoco al fine di evitare che la Corte statuisca ultra petita ovvero ometta di pronunciarsi su una censura (sentenza 26 aprile 2007, causa C-195/04, Commissione/Finlandia, Racc. pag. I-3351, punto 22 e la citata giurisprudenza).

104 Nella fattispecie, il ricorso della Commissione, per quanto riguarda la presente censura, non soddisfa questi requisiti.

105 Infatti, con il proprio ricorso, la Commissione chiede che sia dichiarato che la Repubblica italiana è venuta meno a taluni obblighi che ad essa incombono in forza delle direttive 92/50, 93/36, 93/37 e 93/38 nonché degli artt. 43 CE e 49 CE. Ora, nell’ambito di questa censura, essa non indica quali di queste direttive e/o disposizioni del Trattato la Repubblica italiana avrebbe precisamente violato commettendo asseritamente una violazione del principio di parità di trattamento.

106 Inoltre, per quanto riguarda gli artt. 43 CE e 49 CE, questi non prescrivono un obbligo generale di parità di trattamento ma contengono, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 66 della presente sentenza, un divieto di discriminazione in base alla cittadinanza. Ora, la Commissione non fornisce alcuna indicazione relativa all’eventuale esistenza di una tale discriminazione nell’ambito della presente censura.

107 Pertanto, la sesta censura deve essere dichiarata irricevibile.

108 Sulla base delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare che, avendo adottato:
– l’art. 2, comma 1, della legge n. 109/1994, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza delle direttive 92/50, 93/36 e 93/37,
– l’art. 2, comma 5, della detta legge, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva 93/37, e
– gli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, della medesima legge, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza delle direttive 92/50 e 93/38.

Sulle spese

109 Ai sensi dell’art. 69, n. 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Essendo la Commissione rimasta soccombente su parte della seconda, della quarta e della quinta censura nonché sulla terza censura, inoltre essendo stata la sesta censura dichiarata irricevibile, ed essendo la Repubblica italiana rimasta soccombente sulla prima censura nonché su parte della seconda, della quarta e della quinta censura, occorre statuire che ciascuna delle due parti sopporterà le proprie spese.

110 Conformemente all’art. 69, n. 4, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1) Avendo adottato:
– l’art. 2, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici, come modificata dalla legge 1º agosto 2002, n. 166, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, e della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE;
– l’art. 2, comma 5, di detta legge, come modificata, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva 93/37, come modificata, e
– gli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, della stessa legge, come modificata, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva 92/50, e della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni.
2) Il ricorso è respinto per il resto
3) La Commissione delle Comunità europee e la Repubblica italiana sopportano le proprie spese.
4) La Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica di Finlandia sopportano le proprie spese.

 

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