L’edificabilità di un’area è desumibile dal P.r.g.

La Corte di cassazione ha affermato, con la sentenza n. 21764/2009, che ai fini dell`Ici, per la qualificazione di edificabilita` di un`area occorre far riferimento a quella desumibile dal piano regolatore generale adottato dal Comune, a prescindere dall`approvazione del piano stesso da parte della Regione ovvero dall`attuazione di strumenti urbanistici attuativi.

Il principio e` stato sancito dagli articoli 11-quaterdecies, comma 16, del Dl n. 203/05 e 36, comma 2, del Dl n. 223/06 che sono norme di interpretazione autentica e, come, tali, applicabili retroattivamente.

In particolare un contribuente proprietario di un terreno aveva ricevuto una serie di avvisi di accertamento Ici relativamente a piu` annualita`. L`Amministrazione riteneva doversi qualificare tale terreno quale area edificabile, come tale tassabile in relazione al valore venale. Diversamente, il contribuente riteneva errata tale qualificazione, in quanto l`utilizzabilita` edificatoria del terreno avrebbe dovuto essere effettiva.

Inoltre, la difesa del contribuente ha posto in discussione la natura interpretativa di alcune norme che sono intervenute a determinare la definizione di area edificabile e, pertanto, la relativa retroattivita`, in base a quanto previsto dall`articolo 1 dello Statuto del contribuente.

Nel corso degli anni la definizione di edificabilita` dell`area e` stata al centro di una vera querelle giurisprudenziale e dottrinale, al punto che lo stesso legislatore ha deciso di intervenire. 

Con l`articolo 11-quaterdecies, comma 16, del Dl n. 203/05 e, successivamente, con l`articolo 36, comma 2, del Dl n.223/2006, il legislatore ha stabilito che ai fini dell`Ici (ma anche di altre imposte) un`area e` da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, a prescindere dall`approvazione della Regione e dall`adozione di strumenti attuativi del medesimo.

La natura edificabile di un`area e` ben desumibile anche dal piano regolatore generale (Prg) adottato da un Comune, anche se esso non e` ancora stato approvato dalla Regione e non sono stati ancora adottati strumenti urbanistici attuativi.

Tuttavia una parte della giurisprudenza e della dottrina ritenevano che le citate norme non fossero di interpretazione autentica, ma avessero natura innovativa e, come tali, non applicabili retroattivamente. A tale proposito, e` intervenuta la Consulta che con la sentenza n. 41/08 ha sancito la legittimita` costituzionale delle citate norme e la loro natura interpretativa e conseguente applicabilita` retroattiva.

La Suprema corte ha ora rigettato le richieste del contribuente proprio in virtu` delle sopra citate norme di interpretazione autentica e ha respinto il dubbio circa la loro natura non interpretativa.

Il contribuente ha eccepito a tale riguardo quanto previsto dall`articolo 1 dello Statuto del Contribuente, secondo cui l`adozione di norme interpretative in materia tributaria puo` essere disposta solo in casi eccezionali, con legge ordinaria e qualificando tali disposizioni come appunto norme di interpretazione autentica.

Ebbene, tale espressa qualificazione manca in entrambe le disposizioni in parola, ma la Consulta nella sentenza citata “giustifica“ la loro natura interpretativa in base al fatto che quanto espresso da tali norme e` semanticamente contenuto nell`articolo 2 del decreto Ici.

E allora a cosa serve uno Statuto dei diritti del contribuente che viene sistematicamente disapplicato?

Fonti: www.ance.it e Il Sole 24 Ore
 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

News dal Network Tecnico