Ricostruzione di un rudere: in che tipologia di intervento rientra?

Non è possibile ritenere oggetto di un intervento di recupero e risanamento conservativo un vecchio rudere: ad affermarlo è il TAR Lazio, sez. Latina, nella recente sentenza 1 giugno 2016, n. 355.

Secondo la definizione custodita dall’art. 3, lettera c) del Testo Unico Edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) il restauro e risanamento conservativo comprende “gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”. Da questa definizione si ricava agevolmente che il presupposto di un intervento di restauro e risanamento conservativo è un manufatto edilizio (“l’organismo edilizio”) completo di tutti i suoi elementi costitutivi, primi tra tutti la muratura perimetrale e la copertura, che permettono di stabilire superfici, volumi e sagoma.

In conseguenza di ciò, di fronte ad un rudere da ricostruire, si avrà la seguente alternativa:
– se è possibile accertarne l’originaria consistenza, la ricostruzione rientra negli interventi di ristrutturazione (art. 3 comma 1 lett. d) del T.U. Edilizia);
– se non è riscontrabile a situazione di al cui al punto precedente, la ricostruzione diventa un’ipotesi di nuova costruzione.

La differenza non è di poco conto: basti pensare, ad esempio, alle differenze di titolo edilizio richiesto (il permesso di costruire nel caso di nuova costruzione; la segnalazione certificata di inizio attività nel caso di ristrutturazione edilizia che non porti ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che non comporti modifiche della volumetria complessiva dell’edificio o del prospetto, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, non comporti mutamenti della destinazione d’uso, né comporti modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli paesaggistici – argomentando ex art. 10 comma 1 lett. c) del T.U. Edilizia) o, ancora, alla circostanza che il PRG possa prevedere limiti alla realizzazione di nuove costruzioni che, al contrario, non valgono per le ristrutturazioni.

Per una panoramica sulla qualificazione degli interventi edilizi, con indicazione delle caratteristiche, dei titoli abilitativi correlati e delle sanzioni, ricordiamo il recente e-book edito da Maggioli e curato dagli autori Antonella Mafrica e Mario Petrulli dal titolo Gli interventi edilizi: definizioni e titoli abilitativi, contenente oltre 150 casi pratici, riferimenti normativi e copiosa giurisprudenza.

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