Riforma delle professioni: tema prioritario per prossima legislatura

Dopo il fallimento dei progetti di legge per la seconda legislatura consecutiva, Federarchitetti ritiene improcrastinabile la Riforma delle Professioni, quindi, preso atto delle proposte e delle posizioni pubbliche formulate, riassume di seguito il proprio indirizzo sulle linee da introdurre in un progetto specifico di riforma che possa determinare, in un mercato finalmente aperto e controllato, condizioni di equilibrato sviluppo delle libere professioni.

Questi i punti essenziali del documento:

1. Ruolo dell’Ordine nelle professioni tecniche: può essere riaffermato se, in quanto garante di interessi collettivi, vigili sull’intero processo di programmazione, istruttoria ed esecuzione, anche nei confronti di tutti i soggetti pubblici o privati che configurano rapporti con i liberi professionisti. E’ infatti diffusa l’arbitrarietà delle procedure attivate dagli Enti pubblici al pari delle carenze deontologiche presenti nelle professioni. Un ruolo super-partes degli Ordini, anche in materia di contenziosi, può favorire maggiore linearità all’esercizio professionale.

2. Il ruolo degli Ordini quali organismi a tutela di interessi collettivi, con obbligo di iscrizione, esclude la possibilità di rappresentare gli iscritti, che operano con attività diverse e spesso antitetiche. Una tale deviante collocazione viene ad amplificarsi ancor più in organismi di accorpamento di Ordini, quali il CUP (Comitato Unitario delle Professioni), rispetto ad esigenze di tutela sindacale differenziata pubblico / privata delle categorie. Gli Ordini non sono rappresentativi degli interessi economici dei liberi professionisti, in quanto, come nel caso degli architetti e degli ingegneri, l’iscrizione è aperta ed obbligatoria sia per i liberi professionisti, ma anche per i dipendenti pubblici, ivi compreso i docenti universitari, per i dipendenti privati, ed anche per i "disoccupati", i pensionati ed i lavoratori occasionali.

Gli Ordini infatti costituiscono un’anagrafe dei laureati abilitati alla professione e non vi è collegamento all’occupazione lavorativa né alla iscrizione ad una cassa di previdenza. Essi non rappresentano i singoli comparti lavorativi, quindi, così come non rappresentano i dipendenti pubblici o privati (rappresentati dai rispettivi sindacati dei lavoratori), identicamente non possono rappresentare le istanze dei liberi professionisti.

3. La riforma dovrà demandare, in forma esplicita, alle libere organizzazioni sindacali la rappresentanza degli iscritti oltre che fungere da sostegno ad un libero sviluppo delle stesse, emarginandone le anomalie e le distorsioni che finora ne hanno condizionato lo sviluppo.

4. In tale ottica devono essere riconosciute forme di sostegno al diritto sindacale ed alle relative OO.SS. di rappresentanza, sia negli statuti degli Ordini che delle Casse di Previdenza.

5. Coerentemente, il sostegno economico degli Ordini, per la forma collettiva di tutela ad essi demandata, dovrà almeno in parte essere previsto nel bilancio del Ministero di Grazia e Giustizia o dei Ministeri competenti per i singoli comparti professionali: amministrativo, sanitario, tecnico, legislativo.

6. In una politica nazionale di contenimento della spesa, appare preferibile la semplificazione territoriale degli stessi anche in soli Ordini Regionali.

7. Riconoscimento della diversità di percorsi professionali, culturali, formativi, tra l’esercizio libero professionale nelle sue diversità strutturali, nel suo stare nel campo della concorrenza, e le funzioni pubbliche connesse agli interventi sul territorio quali programmi di intervento, scelta delle procedure, istruttorie, garanzie pubbliche, accettazione dei risultati.

8. Il Tirocinio, come momento di introduzione alla professione, dovrà avere carattere obbligatorio e potrà essere sostenuto dagli studi professionali a fronte di un sostegno dei costi dei partecipanti e della funzione svolta dagli stessi studi. La preparazione Universitaria si farà carico di una specifica formazione anche professionale.

9. L’Esame di Stato dovrà costituire momento di verifica delle specifiche preparazioni effettuate sia in ambito universitario, sia in corsi specifici che negli studi professionali.

10. L’aggiornamento professionale deve essere sviluppato in forma pluralistica con la compartecipazione dei sindacati professionali ed anche del mondo imprenditoriale: è demandato nelle forme liberamente prescelte ed attuate dal professionista, senza che ciò possa inficiarne i diritti allo svolgimento della professione, in cui le regole di mercato e di ricerca di competenze determineranno le giuste collocazioni professionali.

11. Gli Albi devono identificare con trasparenza i diversi status professionali per definire il campo di esercizio della libera professione, evitando che vengano esercitate funzioni conflittuali.

12. La composizione dei Consigli degli Ordini deve prevedere l’autonoma scelta di rappresentanza tra i diversi settori pubblico ed autonomo. Tale assenza di omogeneità, che caratterizza particolarmente le professioni tecniche, non può consentire di demandarne la gestione a soggetti non esercitanti la libera professione e con ruoli diversi.

13. Devono essere poste pari condizioni di accesso all’interno del mercato del lavoro: oggi si esercita senza o con partita IVA, significando una differenza di costo e/o di offerta tra soggetti professionali del 20%, ma anche tra chi ha o meno un reddito fisso, quindi con differenti possibilità di gestione della organizzazione del lavoro. Dovrebbe introdursi per l’esercizio professionale l’obbligo di partita IVA, da ridurre al 10% per i soli liberi professionisti, consentendo ai privati di dedurne il costo.

Il controllo dell’esercizio regolare della libera professione dovrebbe essere demandato agli Uffici pubblici, non consentendo l’attività a chi non è dotato di certificazione in cui sia verificata l’iscrizione all’Ordine, la dotazione di partita IVA, l’iscrizione alla Cassa di Previdenza.

Un esempio in tal senso è il D.U.R.C. (Documento Unico di Regolarità Contributiva) con cui sono ormai obbligate ad operare le imprese.

14. L’esercizio in forma societaria non deve consentire attività professionale sommersa da parte di soggetti ai quali è incompatibile l’esercizio della professione in forma individuale.

15. L’apertura ad attività professionale degli Uffici Tecnici Pubblici non è compatibile con l’interesse collettivo, escludendone ogni possibilità di scelta e sottraendo l’offerta di lavoro alle strutture libero professionali: gli Uffici tecnici vengono distratti dai propri compiti istituzionali, con le diffuse gravi conseguenze del basso livello della funzione pubblica nazionale, (ritardi nelle istruttorie, pagamenti, etc.), a favore di una premialità marginale che ben potrebbe essere trasferita nella sfera dell’efficienza gestionale della pubblica amministrazione. Ciò con conseguenze in termini di trasparenza, attività sommersa o mascherata, qualità del prodotto, genericità dei costi. Il concetto di libero mercato e pari condizioni di concorrenza viene annullato da Enti pubblici operanti in costante regime di conflitto di interessi.

16. La nuova riforma delle professioni tecniche deve favorire un processo di integrazione e sinergia tra tecnici dipendenti e liberi professionisti, al fine di ottimizzarne le reciproche risorse e competenze.

17. Il tema delle Tariffe è legato al concetto di concorrenza e libero mercato, comunque congiunto a quello di pari opportunità, quindi non compatibile con l’apposizione di "barriere matematiche", quali quelle rappresentate dai minimi tariffari od a riduzioni prefissate degli stessi: nel contempo, occorre siano individuate "soglie" oltre le quali vengono a cadere accettabili livelli di garanzia sulla qualità, affidabilità e completezza delle prestazioni.

Questo comporta una radicale rivoluzione culturale sia per i professionisti che per la committenza, sulla base di una reciproca consapevolezza sulla prestazione da effettuare.

L’individuazione delle suddette "soglie", che saranno sempre oscillanti a secondo le valutazioni del singolo soggetto in confronto con la committenza,, potrà farsi in riferimento a parametri realistici quali: durata della prestazione, utilizzo di attrezzature, coinvolgimento di professionalità interdisciplinari e non, caratteristiche e livello di definizione del tema, addetti utilizzati, il cui costo è parametrato all’applicazione del CCNL dei dipendenti degli studi professionali.

Una recente pubblicazione curata da Federarchitetti, si basa sull’applicazione dei suddetti principi per una concreta verifica di fattibilità. Il confronto tra OO.SS. dei professionisti e le rappresentanze dei Consumatori possono legittimare tali nuove procedure, senza che ciò escluda, in caso di contenzioso, il pronunciamento ultimo degli Ordini anche sulla base delle tariffe di riferimento.

18. L’attività libero professionale, avente caratteristiche di rischio ed imprenditoriali, e condizionando fortemente il mercato dell’occupazione, dovrà godere di giusti benefici fiscali a favore dei costi legati all’attività.

19. Si ribadisce altresì il diritto di tutela e rappresentanza anche delle professioni non regolamentate nel comparto ordinistico.

Le attuali proposte legislative, nella loro generale omologazione a principi sussistenti hanno, sia pure con talune diversità, riproposto un quadro ingessato ed anacronistico che si basa sul solo riferimento all’Ordine, ancor più rafforzato in un ruolo di mero controllo non solo sul comportamento deontologico, ma quale arbitro unico dell’attività del professionista, in campo culturale, formativo e prestazionale.

Gli aspetti evidenziati portano a ritenere che la nuova disciplina sulle professioni richieda interventi su molteplici dettati legislativi attualmente in vigore: Il ritardo nel riconoscimento degli onorari, la inaffidabilità delle norme che regolano i rapporti dei professionisti con le sedi Giudiziarie, l’avanzamento delle istruttorie a prescindere dalla verifica del saldo degli onorari, anche a garanzia della prestazione, costituiscono ulteriori esempi negativi dell’attuale sistema.

Le proposte di riforma finora elaborate mostrano, a giudizio della Federarchitetti, la perdurante assenza di volontà politica nell’affrontare i nodi reali che determinano il perdurante passo lento nello sviluppo globale delle libere professioni tecniche italiane, confermando il sostegno a consolidate posizioni di privilegio, non legittimate da principi di pari opportunita’ per tutti i liberi professionisti.

 

Fonte: www.federarchitetti.it

 

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