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Urbanistica, non sempre prevale il diritto di edificazione se ingiustificato
Nel nuovo PRG il Comune ha destinato a verde privato un’area prima definita come zona edificabile

Il diritto all’edificazione non è perpetuabile all’interno della pianificazione urbanistica.

L’amministrazione comunale può decidere di mettere in campo le esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi.

Con la sentenza n. 6656 del 21 dicembre scorso i giudici del Consiglio di Stato hanno respinto il ricorso del proprietario di un terreno contro l’approvazione da parte del Comune di un nuovo Piano regolatore che destinava a verde privato un’area che prima era stata definitiva come zona di completamento.

“L’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà – si legge nella sentenza – , ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo; uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, non in astratto, ma in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi, sia dei valori ambientali e paesaggistici, delle esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, delle esigenze economico-sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che s’intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione de futuro sulla propria stessa essenza, svolta per autorappresentazione ed autodeterminazione dalla comunità medesima, con le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora, con la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio”.

Nella sentenza i giudici sono contrari all’utilizzo in questo caso della nozione di naturale vocazione edificatoria (che postula la preesistenza di una edificabilità di fatto ed è quindi concetto impiegato propriamente nelle sole vicende espropriative), stante la sottoposizione di ogni attività edilizia alle scelte pianificatorie dell’amministrazione.


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