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Dl 59/2012, non bisogna escludere i beni culturali
Per Legambiente vanno considerati fin dalle prime fasi dell’emergenza anche gli interventi volti alla salvaguardia del patrimonio culturale

“Il Decreto legge per il riordino della Protezione civile, entrato in vigore il 17 maggio scorso e purtroppo subito messo alla prova dall’ultima drammatica emergenza che ha colpito il nostro Paese, ha rivelato alcuni limiti sostanziali. Se, nel complesso, la nuova Protezione civile è stata in grado di intervenire e rispondere alle esigenze relative al sisma che ha colpito l’Emilia, alcuni importanti elementi hanno invece dimostrato di essere inadeguati ad un evento di tale complessità”.

Così Legambiente interviene oggi sull’iter di conversione in legge del decreto di riordino della Protezione civile in discussione alla Camera dei Deputati.

In particolare, la mancata possibilità, stabilita dal Dl 59 del 15 maggio 2012 , di intervenire nell’immediato per mettere in sicurezza i beni culturali danneggiati dagli eventi calamitosi, di fatto, ha impedito, nel caso recente del sisma emiliano, di salvaguardare nell’immediato preziosi monumenti e beni culturali che rischiano ora di non poter essere recuperati, con grave danno per il patrimonio comune e ulteriore aggravio dei costi post emergenza.

Nell’indicare in maniera specifica e puntuale gli ambiti su cui, durante lo stato d’emergenza, è possibile emanare ordinanze in deroga alle norme vigenti, infatti, il decreto legge 59 del 15 maggio 2012, limita il campo di azione alle ‘disposizioni esclusivamente in ordine alla organizzazione dei servizi di soccorso e assistenza ai soggetti colpiti dall’evento, nonché agli interventi provvisionali strettamente necessari alle prime necessità (art.1, comma 3)’, escludendo, appunto, la possibilità di operare fin da subito per la salvaguardia e la messa in sicurezza del patrimonio culturale, come invece era avvenuto con successo in Abruzzo e in Molise, anche grazie al tempestivo intervento di numerosi volontari coordinati dalla Protezione civile.

“Rinunciare alla possibilità di intervenire rapidamente in questo settore, come invece il nostro sistema ha saputo fare in caso di altre drammatiche calamità – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -, significa perdere uno dei fiori all’occhiello del nostro sistema di Protezione civile, un’esperienza positiva guardata con interesse e ammirazione anche all’estero.

Pur convinti della validità dell’impianto generale del Decreto che mira a far uscire l’Italia dalle emergenze infinite e dal tempo dei commissariamenti che nel passato hanno creato distorsioni dello stesso meccanismo di Protezione civile – ha continuato Cogliati Dezza -, sarebbe bene rivedere il decreto in modo da poter considerare fin dalle prime fasi dell’emergenza anche gli interventi volti alla salvaguardia del patrimonio culturale, restituendo al nostro sistema la possibilità di operare con gli strumenti necessari in tutti gli aspetti che un’emergenza così difficile comporta”.

A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, infatti, il nuovo decreto esclude la possibilità di operare mediante ordinanze in deroga all’ordinamento vigente per tutti gli aspetti che non riguardino strettamente il soccorso e l’assistenza: per la tutela del patrimonio culturale, quindi, si può procedere solo in via ordinaria senza poter contare sulle risorse normative, economiche e umane straordinarie, strumenti necessari per garantire interventi tempestivi ed efficaci.

Eppure, i beni lesionati su cui non si operino interventi anche minimi di consolidamento e messa in sicurezza, possono subire ulteriori danni, contribuendo così a peggiorare lo stato di conservazione del nostro patrimonio che può, invece, essere prontamente messo in sicurezza. Così come avvenne a L’Aquila nel 2009 e in Molise nel 2002 dove, pur mantenendo ferma la priorità del soccorso e dell’assistenza ai cittadini colpiti dalla calamità, si è intervenuti – con ottimi risultati – per la messa in sicurezza del patrimonio culturale già nelle prime 48 ore dall’evento.

Altro aspetto problematico del nuovo decreto è poi quello relativo all’indicazione della durata massima della dichiarazione dello stato di emergenza “fissata di regola in 60 giorni, prorogabili di altri 40 giorni” (art.1, comma 2), decisamente sottostimata rispetto alle reali esigenze di una grave evento calamitoso.

“Se, infatti, è assolutamente condivisibile la necessità di porre un limite temporale allo stato d’emergenza – ha concluso Cogliati Dezza – crediamo che tempi così ristretti possano far ricorrere a ripetute deroghe alla norma per rispondere alle esigenze derivate da eventi rilevanti, non in maniera occasionale e straordinaria ma necessariamente ordinaria”.

 Fonte: Legambiente


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