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Destinazione d'uso: il cambio senza opere comporta nuovi oneri
Per i giudici la variazione tra 2 categorie autonome dal punto di vista urbanistico determina un nuovo carico urbanistico e diversa contribuzione

Il cambio di destinazione d’uso da commercio all’ingrosso a quella di commercio al dettaglio, senza interventi costruttivi comporta maggiori oneri sociali delle opere di urbanizzazione e fa perciò insorgere il presupposto imponibile per la debenza del contributo concessorio comprensivo della quota relativa al costo di costruzione, con conseguente necessità, per l’utilizzatore del beneficio, di pagare la differenza tra gli oneri di urbanizzazione già corrisposti per la destinazione d’uso originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova destinazione impressa all’immobile.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza n 5539 del 14 ottobre scorso., intervenendo a seguito di un appello presentato dai proprietari di un’attività commerciale a seguito di una comunicazione del Comune che  nel riscontrare un cambio di destinazione d’uso non autorizzato (passaggio da attività all’ingrosso ad attività al dettaglio) rideterminava gli oneri contributivi di urbanizzazione primaria e secondaria e per il costo di costruzione.

Secondo i giudici di Palazzo Spada l’appello è infondato e deve essere respinto.

“Occorre necessariamente prendere le mosse da un dato di fatto decisivo ai fini in esame – fanno notare i giudici –  e cioè che nella specie, come evidenziato dagli accertamenti svolti dal Comune, sostanzialmente non smentiti dall’appellante, si è verificato un cambio di destinazione d’uso non autorizzato, con l’avvenuta variazione, ancorché senza opere, dell’utilizzo di alcuni locali, da commercio all’ingrosso (originaria destinazione urbanistica dell’immobile) a commercio al minuto”.

“Ora, – aggiungono – vero è che il contributo relativo al costo di costruzione (art.6 della legge n.10 del 28 gennaio 1977, c.d. legge “Bucalossi” ) è riconducibile all’attività costruttiva ex se considerata; nondimeno, trattandosi di un prelievo paratributario, il corrispettivo in questione è comunque dovuto in presenza di una “trasformazione edilizia” che indipendentemente dall’esecuzione fisica di opere , si rivela produttiva di vantaggi economici connessi all’utilizzazione.

Questa situazione si verifica allorché venga in rilievo, come nella fattispecie, un mutamento d’uso rilevante, intendendo per tale ogni variazione anche di semplice uso che comporti un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e che determini comunque un aumento del c.d. carico urbanistico.

I giudici confermano che è esattamente quanto accaduto nel caso de quo, in cui la sopravvenuta destinazione d’uso di commercio al dettaglio, senza interventi costruttivi, diversa da quella originariamente impressa all’immobile (commercio all’ingrosso) comporta maggiori oneri sociali delle opere di urbanizzazione e fa perciò insorgere il presupposto imponibile per la debenza del contributo concessorio comprensivo della quota relativa al costo di costruzione, con conseguente necessità, per l’utilizzatore del beneficio, di pagare la differenza tra gli oneri di urbanizzazione già corrisposti per la destinazione d’uso originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova destinazione impressa all’immobile.


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