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Sentenza del Tar Emilia-Romagna sui valori-soglia
L'obiettivo di qualità può essere criterio di redazione degli strumenti urbanistici degli Enti Locali, ma i valori-soglia non possono essere diversi da quelli statali

Un obiettivo di qualità può essere individuato dalla Regione come criterio di redazione degli strumenti urbanistici da parte degli Enti Locali, ma non può però portare alla fissazione di valori-soglia diversi e contrastanti con quelli fissati dallo Stato, a tutela della salute, e regolati con il D.P.C.M. 8 luglio 2003 – Tar per l’Emilia Romagna sede di Bologna 600/2008.

In questa causa discussa presso il Tribunale amministrativo di Bologna, la Società ricorrente ha presentato a un Comune emiliano domanda di rilascio del permesso di costruzione per l’esecuzione di un intervento di ristrutturazione edilizia di un fabbricato di sua proprietà. Con i provvedimenti contestati viene impedita l’edificazione in quanto l’ARPA, con il proprio parere recepito dal Comune, ritiene che l’edificio ricada all’interno della fascia di rispetto prevista dalla legge regionale 31/10/2000, n. 30, che persegue l’obiettivo di qualità di 0,5 microTesla.

La Società interessata ha impugnato i suddetti provvedimenti, ritenendo illegittima la decisione dell’Amministrazione che, invece, avrebbe dovuto applicare i criteri fissati dal D.P.C.M. 8/7/2003, il quale persegue un obiettivo di qualità di 0,3 microTesla, in luogo di quelli stabiliti dalla legge regionale citata. I giudici bolognesi aprono ricordando che, in linea di diritto, va preliminarmente osservato che la Corte Costituzionale ha ampiamente chiarito che compete allo Stato la fissazione di “limiti di esposizione”, definiti come valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico che non devono essere superati in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori per assicurare la tutela della salute e “valori di attenzione”, intesi come valori di campo da non superare, a titolo di cautela rispetto ai possibili effetti a lungo termine, negli ambienti abitativi e scolastici e nei luoghi stabiliti permanenze prolungate.

Compete, invece, alle Regioni ed agli Enti Locali il perseguimento di “obiettivi di qualità” che non possono però portare alla fissazione di valori-soglia diversi e contrastanti con quelli fissati dallo Stato, a tutela della salute, ma sono diretti alla indicazione di criteri di localizzazione, standard urbanistici, prescrizioni e incentivazioni all’utilizzo della miglior tecnologia disponibile, o alla cura dell’interesse regionale e locale all’uso più congruo del territorio, sia pur nel quadro dei vincoli che derivano dalla pianificazione nazionale delle reti e dai relativi parametri tecnici, nonché dai già citati valori-soglia stabiliti dallo Stato.

Le Regioni, pertanto, ben possono perseguire gli “obiettivi di qualità” attraverso criteri localizzativi stabiliti nell’esercizio del potere normativo di competenza, mentre agli Enti Locali compete il concreto esercizio del potere pianificatorio nel rispetto della normativa statale e regionale suddetta, fermo restando che le decisioni dell’Ente Locale debbono sempre rispettare la necessità di una sempre possibile localizzazione, anche alternativa, e non possono determinare l’impossibilità della localizzazione stessa. Ciò premesso, proseguono i giudici felsinei, va osservato che il D.P.C.M. 8 luglio 2003, emanato in applicazione dell’articolo 4 della legge statale 22/2/2001, n. 36, che riserva allo Stato la determinazione dei limiti di esposizione al fine di dettare una disciplinata unitaria per quanto concerne la tutela minima della salute, in considerazione del preminente interesse nazionale, prevede per quanto concerne la fissazione di limiti di esposizione e valori di attenzione, per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) connessi al funzionamento e all’esercizio degli elettrodotti, che “nella progettazione di nuovi elettrodotti in corrispondenza di aree gioco per l’infanzia, di ambienti abitativi, di ambienti scolastici e di luoghi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore e nella progettazione dei nuovi insediamenti e delle nuove aree di cui sopra in prossimità di linee ed installazioni elettriche già presenti nel territorio, ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi elettrici e magnetici generati dagli elettrodotti operanti alla frequenza di 50 Hz, è fissato l’obiettivo di qualità di 0,3 microTesla per il valore dell’induzione magnetica, da intendersi come mediana dei valori nell’arco delle 24 ore nelle normali condizioni di esercizio”.

Dal quadro normativo sopra delineato ed interpretato coerentemente con i principi costituzionali chiariti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 307 del 2003, emerge, secondo gli stessi giudici, che la individuazione di un obiettivo di qualità di 0,5 microTesla ben può essere individuato dalla Regione, ma soltanto come criterio di redazione degli strumenti urbanistici da parte degli Enti Locali cui compete il concreto esercizio del potere pianificatorio e non come generalizzata disciplina di immediata applicazione per la tutela della salute che, per quanto sopra evidenziato, compete allo Stato che l’ha esercitata con il D.P.C.M. 8 luglio 2003. Al contrario i provvedimenti impugnati disapplicano la normativa regolamentare statale di cui al suddetto D.P.C.M. 8 luglio 2003 ritenendo erroneamente che i criteri stabiliti dalla legge regionale n. 30 del 2000 e s.m. nonché dalla direttiva regionale n. 197 del 20/02/2001 costituiscono attualmente l’unico riferimento normativo applicabile nella valutazione degli aspetti sanitari relativi all’inquinamento elettromagnetico cui l’intervento oggetto del permesso di costruire e assoggettato.E’ evidente, pertanto, che il Comune è intervenuto sulla base di una valutazione dei soli aspetti sanitari, ma così operando avrebbe dovuto applicare, per le ragioni sopra esposte, i diversi criteri di cui al D.P.C.M. 8 luglio 2003, non avendo in considerazione alcun aspetto di contrasto con gli strumenti urbanistici che il Comune non ha ancora adeguato ai principi di cui alla direttiva regionale n. 197 del 20/2/2001.

T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sentenza del 28 febbraio 2008

fonte: www.ancitel.it

 

 

 

 


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