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Italia a rischio sismico
Lavori in 75 mila edifici. Scuole, ospedali, caserme: verifiche in ritardo

Ci sono almeno 75 mila edifici pubblici in Italia da consolidare al piu` presto. E non perche` abbiano parti cadenti o pericolanti, ma perche` si trovano in aree a pericolosita` sismica rilevante e poggiano le loro fondamenta su terreni che vengono investiti periodicamente da terremoti capaci di fare crollare in un attimo scale e solai. Proprio come accadde quella mattina del 31 ottobre 2002 a San Giuliano di Puglia, quando il tetto di una scuola elementare si abbatte` su una classe intera, uccidendo 27 bambini e la loro insegnante. «E` stata proprio l`ondata emotiva suscitata da quel triste episodio – spiega il professor Mauro Dolce, ingegnere, responsabile dell`Ufficio rischio sismico della Protezione civile – a fare approvare una nuova normativa sismica insieme al provvedimento che impone la verifica degli edifici pubblici vulnerabili, al fine di programmare gli interventi di rafforzamento antisismico. Mi riferisco all`ordinanza della presidenza del Consiglio 3274 del 2003. Si tratta di un`operazione molto impegnativa, che richiedera` anni di tempo e ingenti finanziamenti, stimabili in 50-60 miliardi di euro».

Cinque anni

Un po` meno della meta` dei 75 mila edifici da rinforzare ha, come dicono gli esperti, valore strategico: sono ospedali, municipi, prefetture e caserme che, in caso di emergenza, non possono permettersi di venir giu` e neppure di diventare inagibili perche` rappresentano la base organizzativa degli interventi di soccorso alle popolazioni colpite. La restante parte sono scuole che possono e devono offrire un riparo sicuro ai ragazzi, anche sotto i colpi di un terremoto da 5,5 Richter, come fu quello di San Giuliano, o piu` forte, come quello dell`Irpinia del 1980, poiche` ormai sono ampiamente disponibili le tecniche costruttive per resistere a scosse di tale magnitudo. La norma approvata nel 2003 imponeva che le verifiche sui 75 mila edifici pubblici vulnerabili venissero completate entro il mese di maggio di quest`anno, per iniziativa di Comuni, Regioni e di tutti gli altri enti che ne sono proprietari. «Ma la ricognizione procede a rilento. Al momento si stanno passando al vaglio meno del 10 per cento degli edifici e sara` quindi necessaria una proroga di almeno un paio di anni», dice il professor Dolce.

Gli incentivi

Mano a mano che vengono completate le verifiche, si puo` usufruire di finanziamenti che incentivano in modo rilevante gli interventi di adeguamento sismico. «Anche se, bisogna ammettere, le cifre rese finora disponibili, pur previste dalle recenti Finanziarie, sono molto limitate rispetto alle esigenze, cioe` dell`ordine delle centinaia di milioni di euro». Circa 35 mila degli edifici strategici da consolidare prioritariamente si trovano distribuiti in un`ampia fascia che ha come asse tutto l`arco appenninico, piu` l`Italia nordorientale e la Sicilia. «Sono queste le zone dell`Italia in cui si manifesta la piu` intensa sismicita`, come risulta dalla recente carta della pericolosita` sismica elaborata dal nostro Istituto su richiesta del capo del Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso – spiega il professor Enzo Boschi, presidente dell`Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia -. In questa carta abbiamo evidenziato, oltre a tutte le zone in cui sono presenti faglie in grado di scatenare terremoti, anche le probabilita` che essi avvengano con scuotimenti piu` o meno forti. Un`indicazione essenziale per poter poi stabilire quali sono gli edifici da rinforzare».

Le aree

La nuova carta della pericolosita` sismica permette anche di individuare le aree in cui potrebbero manifestarsi terremoti altamente distruttivi come quelli del Friuli del 1976 (6,5 Richter) o dell`Irpinia del 1980 (6,9): si tratta dell`Appennino centro meridionale che attraversa le regioni Molise, Campania e Basilicata, dell`arco calabro e della Sicilia sudorientale. Proprio queste regioni dovrebbero provvedere, prima delle altre, al programma di rafforzamento.

Gli strumenti

Gli interventi dovranno essere attuati, come spiega il professor Dolce, in moto diverso secondo il tipo di struttura: in muratura oppure in cemento armato. «Per gli edifici in muratura-aggiunge Dolce – occorre migliorare innanzitutto i collegamenti tra le diverse pareti e tra queste ultime e i solai, aumentare la resistenza delle murature, soprattutto negli edifici piu` vecchi. Le tecnologie sono numerose, dalle piu` tradizionali, con il rifacimento delle parti di muratura piu` deboli, a quelle, oggi ritenute non sempre valide, che prevedono il ricorso a cordoli e paretine in cemento armato in aderenza, fino a quelle piu` moderne, che fanno uso di fibre e acciai inossidabili. Per gli edifici in cemento armato il problema puo` essere affrontato sia rafforzando in maniera sistematica tutta la struttura, con costi molto elevati, sia con l`introduzione di nuovi elementi strutturali, come ad esempio pareti in cemento armato, capaci di sopportare interamente l`azione del terremoto ». Insomma, gli strumenti per difenderci dai terremoti ora ci sono, i propositi di rendere l`Italia meno vulnerabile rispetto a queste catastrofi annunciate pure. I ritmi con cui si sta procedendo sono tuttavia estenuanti. Nell`anno in cui ricorre il centenario del terremoto di Messina, la piu` grande catastrofe sismica dell`Italia Unita (oltre 80 mila morti), ci si poteva aspettare di piu`.

di Franco Foresta Martin

fonte: dal sito del Corriere della Sera, www.corriere.it 

 


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