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La "dicatio ad patriam" quale modo di costituzione di una servitù di uso pubblico su una strada
Un caso concreto di mancato riscontro messo in evidenza dalla giurisprudenza amministrativa

di MARIO PETRULLI

Come affermato dalla giurisprudenza, la dicatio ad patriam rappresenta “un modo di costituzione di una servitù di uso pubblico, consistente nel comportamento del proprietario che, seppure non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, mette volontariamente, con carattere di continuità (non di precarietà e tolleranza), un proprio bene a disposizione della collettività, assoggettandolo al correlativo uso, al fine di soddisfare un’esigenza comune ai membri di tale collettività ‘uti cives’, indipendentemente dai motivi per i quali detto comportamento venga tenuto, dalla sua spontaneità e dallo spirito che lo anima”.
I presupposti per l’integrazione della dicatio ad patriam consistono, quindi:
– nell’uso esercitato “iuris servitutis publicae” da una collettività di persone;
– nella concreta idoneità dell’area a soddisfare esigenze d’interesse generale;
– in un titolo valido a costituire il diritto ovvero in un comportamento univoco del proprietario che, seppure non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, risulti idoneo a manifestare l’intenzione di porre il bene a disposizione della collettività.

Un caso concreto di verifica negativa si è avuto nella recente sent. 14 ottobre 2019, n. 2145, del TAR Lombardia, Milano, sez. III: riteniamo utile evidenziarlo, quale utile esempio per casi analoghi che possono presentarsi nella prassi (nel caso specifico, si trattava della ritenuta illegittimità di una ordinanza con cui si disponeva la rimozione di una sbarra d’ingresso ad una strada che interessava un condominio).

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