La nozione di pertinenza edilizia secondo la giurisprudenza

di M. Petrulli

In numerose occasioni la giurisprudenza[1], occupandosi della nozione di pertinenza edilizia, differente da quella civilistica[2], ha indicato le caratteristiche che devono riscontrarsi nel manufatto affinchè lo stesso sia qualificabile in termini di mera pertinenza, non richiedente conseguentemente un titolo edilizio autonomo per la relativa realizzazione: a) un nesso oggettivo, strumentale e funzionale con la cosa principale; b) il mancato possesso, per natura e struttura, di una pluralità di destinazioni, nel senso di sfruttamento autonomo ai fini diversi da quello di servire altro immobile; c) un carattere durevole; d) la non utilizzabilità economica in modo diverso; e) una ridotta dimensione; f) una individualità fisica e strutturale propria; g) l’accessione ad un edificio preesistente edificato legittimamente; h) l’assenza di un autonomo valore di mercato.

È stato, altresì, chiarito che per poter qualificare un’opera edilizia in termini di “pertinenza” occorre avere riguardo a “tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, dovendo esso avere un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo, negativi, ossia ricollegati, rispettivamente, all’impossibilità di soluzioni progettuali diverse e ad un rapporto di necessaria proporzionalità che deve sussistere fra le esigenze edilizie e il volume realizzato. Quest’ultimo deve essere completamente privo di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto esclusivamente destinato a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale, che non possono essere ubicati all’interno di essa. L’applicazione di tali criteri induce a concludere che i volumi tecnici degli edifici, per essere esclusi dal calcolo della volumetria, non devono assumere le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità[3].

Ad esempio, possono considerarsi mere pertinenze:

  • un manufatto in muratura di mq 1,00 circa, con altezza di m 3,00 circa, con soli muri perimetrali e privo di copertura, completamente al grezzo, eretto in aderenza ad immobile di precedente realizzazione di mq 20,00 circa[4];
  • una pensilina lunga mt. 2,70 e larga mt. 1,10 con sottostante vano adibito al ricovero di una caldaia largo cm 70 e profondo cm 90[5];
  • un “manufatto in muratura di mq 7,60 circa adibito a ricovero attrezzi da giardinaggio”, con altezza di mt. 1,80[6].

La sentenza brevemente commentata

La realizzazione di due vani aggiuntivi mediante chiusura dei porticati non può qualificarsi come pertinenza: TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, sent. 2 settembre 2022, n. 11366

La sentenza segnalata conferma quell’orientamento che, con riferimento, in generale, ad interventi costruttivi volti a chiudere un’area aperta e delimitata, pertinenziale all’appartamento di proprietà, consistente in un balcone ovvero in una loggia ovvero in un portico o porticato, attraverso la installazione di pannelli in vetro oppure stabili infissi con finestre apribili, afferma che anche la sola installazione di pannelli in vetro atti a chiudere integralmente un’area come quella di un porticato, che si presenti aperta su tre lati, determina, senz’altro, la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, con conseguente incremento della preesistente volumetria e ciò perché l’intervento va riguardato dall’ottica del risultato finale, ovvero il rilevato aumento di superficie e di volumetria, sia che ciò consegua alla chiusura su tutti i lati, sia che ne implichi anche la copertura, pure con superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili[7].

Dunque, la realizzazione di due vani aggiuntivi mediante chiusura dei porticati, che dovevano invece essere aperti in base ai titoli edilizi in essere, non può neppure qualificarsi come pertinenza in senso urbanistico, in quanto integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di volume[8].

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Note

[1] Ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 8 marzo 2000, n. 1174; sent. 7 marzo 2022 n. 1605; sez. II, sent. 24 novembre 2020, n. 7348; più recentemente, cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 25 luglio 2022, n. 2143.

È stato, altresì, precisato che “in materia edilizia il vincolo pertinenziale che lega il manufatto accessorio a quello principale dev’essere tale in senso oggettivo, cosicché il primo non risulti suscettibile di alcuna diversa utilizzazione economica con la conseguenza che tale non può essere considerato un locale adibito a deposito poiché consta di volumetria aggiuntiva” (in questi termini: Consiglio di Stato, sez. II, sent. 11 novembre 2019, n. 7689; cfr. altresì Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 marzo 2022, n. 1605).

Ed ancora: “ai fini edilizi, il manufatto può essere considerato una pertinenza quando, da un lato, sia preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale, essendo funzionalmente inserito al suo servizio, dall’altro, sia sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporti carico urbanistico, esaurendo la sua finalità nel rapporto funzionale con l’edificio principale.”, con la precisazione che “Il collegamento tra pertinenza e bene principale non può essere, peraltro, apprezzato sul piano soggettivo, avuto riguardo al tipo di destinazione che il proprietario ha inteso imprimere nel caso concreto, dovendo sussistere un “oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce” (Consiglio di Stato, sent. 8 giugno 2020, n. 3634).

[2] Il concetto di pertinenza, previsto dal diritto civile va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime del permesso di costruire: TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 3 agosto 2015, n. 587; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 31 gennaio 2022, n. 121.

[3] TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 2 aprile 2015, n. 1927.

[4] TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 4 luglio 2022, n. 629.

[5] TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 1° luglio 2022, n. 567.

[6] TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 1° luglio 2022, n. 567.

[7] Cfr., in tal senso, con specifico riferimento ai porticati, Consiglio di Stato, sez. II, sent. 27 giugno 2019, n. 4437 e sez. V, sent. 5 maggio 2016, n. 1822; più recentemente, cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 24 gennaio 2022, n. 469.

[8] Cfr., in tal senso, Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 26 marzo 2018, n. 1893.

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