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IVA sull'inveduto, una penalizzazione per le imprese
L'Ance propone l`applicazione dell`Iva su opzione del cedente anche per le abitazioni, come gia` avviene per la vendita di fabbricati strumentali

Accanto all`Ici e all`indeducibilita` degli interessi passivi dopo l`ultimazione dei lavori, sull`invenduto delle imprese edili c`e` anche la questione dell`Iva in un momento di grave difficolta` economica e finanziaria.

L`attuale regime delle cessioni di abitazioni “trasforma” l`Iva, da imposta neutra ad un vero e proprio costo industriale, proprio quando le imprese vedono lievitare il loro magazzino per effetto della crisi in itinere.

Le imprese scommettono di vendere prima dei 4 anni dall`ultimazione della costruzione, ma se cio` non succede, a partire da tale data le cessioni devono avvenire in regime di esenzione, anziche` di imponibilita` Iva, e cio` impone alle imprese proprietarie di rettificare l`Iva detratta durante la realizzazione degli immobili.

Non basta la mancata vendita per 4 anni, ma l`imprenditore si vede anche schiacciato dalla norma fiscale, introdotta dal 2006 dall`allora ministro Visco, e che aveva come obiettivo dichiarato quello di evitare l`evasione dell`Iva nel comparto immobiliare (in particolare per le operazioni di trading), ma che si e` trasformata in una grave penalizzazione per le imprese del settore che rischia di far chiudere aziende serie sul mercato da anni.

Il provvedimento poteva avere un senso in un mercato immobiliare attivo e per cosi` dire vivace, in cui la rotazione del magazzino delle imprese era sicuramente inferiore a 4 anni, ma in questo momento di stagnazione delle vendite determina tutta una serie di penalizzazioni amministrative e soprattutto economiche, che rendono inique le disposizioni varate quattro anni fa.

Da un calcolo medio, e` possibile stimare in oltre il 20% del prezzo di vendita l`Iva da restituire sulle cessioni in esenzione da imposta, percentuale che non solo va ad assorbire completamente l`utile dell`impresa, ma determina una rilevante perdita.
In sostanza, viene a determinarsi un notevole incremento dei costi di produzione, penalizzando anche le imprese virtuose che non riescono a vendere interamente gli immobili costruiti entro 4 anni, per le avverse condizioni di mercato.

Da qui la necessita` di rimetter mano alla disciplina attuale, introducendo meccanismi che, in conformita` alle regole stabilite dall`Unione europea, consentano di mantenere l`applicazione dell`Iva anche per le vendite effettuate dopo i 4 anni dall`ultimazione della costruzione.

Una delle soluzioni piu` facilmente adottabili (accanto a quella di un prolungamento del termine dei 4 anni) e` quella che da tempo l`Ance propone a Governo e al Parlamento: l`applicazione dell`Iva su opzione del cedente anche per le abitazioni, come gia` avviene per la vendita di fabbricati strumentali.

L`Europa lo consente. Infatti, la direttiva 2006/112/CE prevede un regime generale di esenzione per le cessioni dei fabbricati, ma riconosce, comunque, la possibilita` di accordare ai soggetti passivi Iva il diritto di optare per l`imposizione, senza distinzioni tra immobili residenziali e non.

Da un`indagine Ance sulla normativa degli Stati membri con ordinamento tributario piu` similare a quello italiano, e` emerso che alcuni sistemi impositivi, pur utilizzando regole analoghe a quelle italiane, adottano dei meccanismi che permettono di fatto, alle imprese di costruzioni, di effettuare cessioni di immobili residenziali in regime di imponibilita` ad Iva (superando, cosi`, il problema della limitazione alla detrazione dell`imposta).

Cosi` avviene in Spagna e Belgio e soprattutto in Francia, dove, dallo scorso marzo, proprio a seguito delle crisi del settore edilizio, e` stato introdotto un nuovo sistema impositivo per le operazioni immobiliari, che prevede non solo che la cessione di un`abitazione sia soggetta ad Iva, se effettuata entro 5 anni (e non 4 anni, come in Italia) dall`ultimazione dei lavori, ma che l`impresa venditrice, anche dopo tale termine, abbia in ogni caso la possibilita` di optare per il mantenimento dell`Iva.

In sostanza, con tale soluzione, entro 4 anni dall`ultimazione dei lavori permarrebbe il regime di Iva obbligatoria, oltre tale termine verrebbe introdotto, anche per le abitazioni, il regime di Iva su opzione (ipotesi residuale, ma che eviterebbe una grave diseconomia nei bilanci delle imprese in difficolta`).

Tale soluzione, tra l`altro, non produce effetti valutabili sulle entrate erariali, in quanto, senza ombra di dubbio, non si puo` mettere a bilancio «Entrate per Iva indetraibile», conseguenti alla mancata vendita delle case da parte dei costruttori.

Semmai, le mancate entrate sono proprio quelle per il decremento delle compravendite (imposte sui ricavi delle imprese e sui trasferimenti) e non quelle derivanti dalla restituzione dell`Iva, che per le imprese deve rimanere comunque una partita di giro.

Fonti: Ance e Il Sole 24 Ore


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