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Appalti:l'Authority presenta la Relazione annuale
La domanda in crescità limitata dal ritardo dei pagamenti, la preparazione tecnica della SA come barriera alla criminalità e troppi ricorsi

79 miliardi di euro nel 2009, ma i pagamenti sono in ritardo
“Il valore economico degli appalti pubblici nel 2009, per le gare di appalto di importo superiore alle 150.000 euro, ammonta a 79,3 miliardi di euro, pari al 6,6% del PIL”. Lo ha dichiarato oggi Luigi Giampaolino, Presidente dell’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, presentando nella Sala della Lupa a Montecitorio la Relazione annuale al Parlamento.

“La crescita della domanda in termini nominali è stata del 4,5%, ma la portata positiva di tale incremento è stata limitata dal ritardo dei pagamenti di cui non può che auspicarsi la piena e soddisfacente risoluzione. Questo diffuso problema è causa di pesanti implicazioni sull’equilibrio finanziario e sullo sviluppo stesso sia delle imprese che del mercato, specialmente in un momento, come quello attuale, di marcato rallentamento del ciclo economico”.

La preparazione tecnica delle amministrazioni appaltanti resta più importante barriera alla criminalità
“Il mercato degli appalti è troppo frammentato, soprattutto dalla parte delle stazioni appaltanti. Assistiamo infatti ad una polverizzazione della domanda, avente spesso ad oggetto lavori di modesta entità. La maggior parte riguarda gare di valore inferiore a 500.000 euro.

Nel mercato degli appalti operano più di 13.000 stazioni appaltanti, spesso di minime dimensioni e prive di competenze specialistiche. E’ questo uno dei massimi problemi del settore, in quanto la preparazione tecnica dell’amministrazione rappresenta la prima barriera che si frappone al manifestarsi di episodi di malcostume”.

Troppi ricorsi alle procedure negoziate anomalia del mercato
“Una grave anomalia del sistema, constatata nel corso dell’anno, è rappresentata dal consistente aumento del ricorso alle procedure negoziate per i tutti i tipi di contratto.

A tale fenomeno non è estranea la norma che ha innalzato a 500.000 euro la soglia per utilizzare tali procedure. In particolare le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando hanno rappresentato, sul totale dei contratti aggiudicati, il 24,6%  e sul valore delle aggiudicazioni il 12,6% (1,3 miliardi di euro su 10,3 miliardi di euro) e i ribassi medi espressi da simili procedure sono stati pari al 16,9%, circa 5,5 punti percentuali in meno rispetto alla media dei ribassi delle procedure aperte”.

“Le amministrazioni comunali sono state quelle che più hanno fatto ricorso a tali procedure nella classe di importo tra 150.000 e 500.000 euro, mentre nella classe superiore a 500.000 euro, tale primato spetta alle amministrazioni centrali”.

È importante sottolineare come, sempre nel corso del 2009, il mercato degli appalti di lavori si sia concentrato in poche mani. Le otto stazioni appaltanti più importanti hanno infatti aggiudicato contratti pari al 36% del valore totale di quelli affidati(Rete Ferroviaria Italiana, Stoccaggi Gas Italia S.p.A., Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, Società Gestioni Impianti Nucleari, ANAS S.p.A., Regione Veneto, Commissario Delegato Emergenza Bacino Fiume Aterno, Autostrade per l’Italia S.p.A.).

Forte è stata la concentrazione anche delle imprese affidatarie: le prime otto si sono aggiudicate contratti per un valore complessivo pari al 17% del totale affidato..

Troppa regolamentazione, unitamente al contenzioso e all’invasività giudiziaria soffocano il mercato degli appalti
“L’eccessiva regolamentazione del settore a monte, la invasività giudiziaria a valle, e, tra i due, un sempre più ampio contenzioso, soffocano il mercato degli appalti e lo allontano dalle condizioni ottimali di concorrenza.

La iper-regolamentazione dovuta al proliferare di regole,  non di rado dettate dalla necessità di adeguamento al diritto comunitario, doppiate dalle Regioni e dai Regolamenti attuativi, fanno del nostro paese la patria non più del diritto ma delle leggi.

Con l’approvazione del nuovo Regolamento degli appalti il corpus giuridico del settore (Codice e Regolamento) assumerà le mastodontiche dimensioni di 615 articoli e 58 allegati per trasporre nella nostra legislazione i poco più di 150 articoli di cui si compongono le due direttive comunitarie che sono alla base del Codice.

Il settore invece è un mercato dinamico al quale occorrerebbe fornire il più possibile di linee guida basate sui principi delle direttive comunitarie e non una disciplina dettagliata che rischia di essere inefficiente e deresponsabilizzante.

In mancanza di ciò sta avendo notevole impatto la funzione di regolazione “interpretativa” esercitata dall’Autorità: una sorta di soft law finalizzata a consentire il corretto funzionamento del mercato senza immobilizzarlo”.

I ricorsi alle deroghe per gli interventi straordinari fanno perdere il carattere di eccezionalità
La legislazione in deroga, ha permesso alle stazioni appaltanti di operare derogando a numerose disposizioni di legge, comprese quelle del Codice dei contratti relative ai compiti dell’Autorità e alle funzioni dell’Osservatorio dei contratti pubblici, creando in tal modo un vulnus al sistema di conoscenza e di controllo degli appalti.

L’Autorità, nel corso del 2009 – ha proseguito Giampaolino –  ha condotto  un’indagine ricognitiva sulle sole ordinanze emesse, rivolgendo in particolare l’attenzione a quelle di protezione civile. A tal fine, ne sono state censite 764. Da tale indagine emerge che il continuo riproporsi dell’emergenza abbia finito con il determinare la perdita dei caratteri della “eccezionalità” ed “imprevedibilità” del fenomeno da contrastare ed abbia portato, altresì, ad una dilatazione dei tempi dell’intervento “straordinario” oltre ogni riferimento logico e funzionale legato all’emergenza stessa.

Con gli arbitrati la PA soccombe nel 94% dei casi
“La circostanza che l’arbitrato rappresenti ormai una sorta di fase finale quasi costante delle procedure di affidamento dei contratti pubblici e che porti, con una regolarità quasi assoluta, alla soccombenza della Pubblica Amministrazione, rappresenta una vera e propria patologia del sistema. Nell’anno 2009 – ha proseguito Giampaolino –  la percentuale di soccombenza totale o parziale della Pubblica Amministrazione, con riferimento complessivo agli arbitrati liberi ed amministrati, è risultata all’incirca del 94%, mentre solo nel 6% dei casi le domande dell’impresa sono state rigettate.

Gli arbitrati amministrati, quelli ciò in cui il terzo giudice è scelto da un organo terzo, tecnico ed indipendente, qual è la Camera arbitrale presso la nostra Autorità continuano a costituire una minoranza rispetto a quelli liberi, come è confermato dal dato relativo al deposito dei lodi.

Per quanto riguarda l’anno concluso, il 2009, i lodi ammontano a 175: quelli adottati in esito a procedure amministrate sono stati 39, mentre quelli depositati in esito ad arbitrati liberi sono stati 136; tra questi ultimi, peraltro, vi sono le controversie di maggior valore che sono state, così, sottratte alla competenza della Camera arbitrale e, conseguentemente, alla maggiore trasparenza delle procedure propria dei procedimenti amministrati”.

La banca dati nazionale sui contratti pubblici è uno strumento contro la corruzione
La trasformazione dell’Osservatorio dell’Autorità in una “Banca Dati Nazionale sui Contratti Pubblici (BDNCP)”, prevista dal disegno di legge anticorruzione del Governo, rappresenta uno strumento essenziale anche per la lotta al malaffare.

La Banca Dati, grazie alla creazione della anagrafe unica dei contratti pubblici  e a quella di tutte le Stazioni Appaltanti che ne rappresentano il contenuto innovatore, permetterà inoltre quell’azione di trasparenza e conoscenza di tutte le dinamiche degli appalti, che diviene supporto fondamentale per qualsiasi azione di vigilanza, controllo e di contrasto alla corruzione e per fornire al cittadino le informazioni, via internet e in tempo reale, in merito allo stato di avanzamento della realizzazione dei progetti e dei  programmi di spesa.

Chiediamo al Governo e al Parlamento che, nell’approvazione del disegno di legge, sia prevista la responsabilità, in capo alla Autorità, di definire la procedura di acquisizione dei dati dalle stazioni appaltanti.

“L’Osservatorio dei contratti pubblici presso l’Autorità, è uno strumento importante per contribuire a creare la base conoscitiva di dati per la determinazione dei costi standard. Con l’estensione della vigilanza ai servizi e alle forniture operata dal codice dei contratti nel 2006, ora l’Autorità può procedere alla elaborazione dei dati su una parte consistente della spesa pubblica. In particolare sarà possibile effettuare un confronto territoriale sui criteri di efficienza e di efficacia delle spesa pubblica, in particolare di quella sanitaria.

Quindi l’Autorità si candida ad un ruolo di soggetto terzo fornitore di dati utili alla determinazione dei costi standard funzionali all’applicazione del federalismo fiscale, in un momento storico in cui è forte l’attenzione dell’opinione pubblica sui criteri di spesa della pubblica amministrazione”.

Un nuovo impianto normativo e più poteri all’Autorità
Serve una nuova struttura dell’ordinamento del settore degli appalti che si richiami alla normativa comunitaria, delegificandone una parte e relegando le restanti norme ad un ruolo di disciplina interna dell’attività amministrativa, ed affidando all’Autorità il compito di aiutare il mercato nella concreta ottemperanza ai principi generali.

Il nuovo impianto dovrebbe trovare la sua giusta conclusione in un rafforzamento dei poteri dell’Autorità, affinché non si ripetano i gravi casi di cronaca come quelli della Nuova Scuola Marescialli di Firenze già denunciati più volte dall’Autorità (deliberazioni n. 235/2001; n.61/2006 e n. 39/2008, inviate alla Procura della Repubblica e alla Procura regionale della Corte dei Conti competenti) e che sono stati segnalati ad altri organi amministrativi, senza ricevere alcun riscontro.

Quanto esposto e proposto appare, comunque, limitato, debole o pericolosamente fallace se non sostenuto da una tensione morale, da una forza di etica pubblica.

Nel settore degli appalti pubblici, che coinvolge così ingenti risorse e tanti pubblici interessi, l’operatore avverte che nessuna semplificazione normativa, nessuna ingegneria organizzativa, né alcuna regola procedurale, per quanto dettagliata e stringente, può essere efficace, se dentro di essa non vi batta un cuore: quel più grande cuore, come diceva Croce, “che comprende in sé la ragione” e che batte per dare impulso ad un’attività onesta, corretta ed edificatrice di un solidale, alto, pubblico interesse.

Relazione 2009

Fonte: www.avcp.it

 


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