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Il Consiglio comunale deve valutare discrezionalmente il degrado di un’area per il rilascio del permesso di costruire in deroga ex art. 5 d.l. n. 70/2011
"La nozione di “degrado” di un bene non attinge a regole tecniche desunte da scienze esatte: sconta dunque sempre un tasso di opinabilità". L'approfondimento di Mario Petrulli

Il permesso di costruire in deroga allo strumento urbanistico di cui all’art. 5 commi 9-14 del D.L. n. 70/2011 (convertito in L. n. 106/2011) costituisce un istituto di carattere eccezionale rispetto all’ordinario titolo edilizio, e rappresenta l’espressione di un potere ampiamente discrezionale dell’amministrazione comunale, che si concretizza in una decisione di natura urbanistica in ordine alla opportunità o meno di assentire un intervento costruttivo privato in deroga al vigente strumento urbanistico, laddove esso consenta di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente e di riqualificare aree urbane degradate, caratterizzate dalla presenza di funzioni eterogenee, di tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare.

Nel contesto della disposizione, il riferimento all’esistenza di “funzioni eterogenee” o di “tessuti edilizi disorganici o incompiuti” o di “edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare” non individua presupposti autonomi per il rilascio di un permesso di costruire in deroga, ulteriori rispetto a quelli costituiti dalla “razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente” e dalla “riqualificazione di aree urbane degradate”, ma intende unicamente esemplificare gli specifici contesti urbani “degradati” in cui la norma trova applicazione.

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