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Terre e rocce da scavo (TRS) e trattamento a calce
Il punto di vista dell'esperto sulla ammissibilità del trattamento a calce delle TRS

di PAOLO COSTANTINO

La diffusa (e normale) pratica industriale di stabilizzare le terre e rocce da scavo (TRS) con l’ausilio della calce è tanto utilizzata quanto dibattuta nel mondo delle costruzioni, a seguito delle più recenti vicende storico-normative che la riguardano.
Come noto, il primo regolamento sull’utilizzazione delle terre e rocce da scavo, il d.m. 161/2012, nello stabilire che le TRS dovevano essere, tra altri requisiti, anche idonee ad essere utilizzate direttamente “senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale” (art. 4, co. 1, lett. c), rinviava ad un allegato (All. 3) per individuare i criteri ed alcuni esempi di tale prassi operativa. Nell’All. 3 si precisava che i trattamenti di normale pratica industriale sono quelle operazioni finalizzate al miglioramento delle caratteristiche merceologiche del materiale escavato e si elencava, tra gli esempi più comunemente effettuati, “la stabilizzazione a calce, a cemento o altra forma idoneamente sperimentata per conferire ai materiali da scavo le caratteristiche geotecniche necessarie per il loro utilizzo”. Il d.m. 161/2012 è stato, poi, abrogato e sostituito dal successivo d.P.R. 120/2017. Tuttavia, a causa di una contestazione mossa dall’UE (procedura EU Pilot 5554/13/ENVI) relativa all’utilizzo della calce come forma di recupero di rifiuti, il nuovo Regolamento non riporta più espressamente il trattamento a calce tra gli esempi di normale pratica industriale sulle TRS; al tempo stesso, però, non ne vieta esplicitamente l’utilizzo a questo fine.

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