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Permesso di costruire e governo del territorio: notazioni costituzionali
Necessario il permesso di costruire per una ristrutturazione comportante mutamento destinazione d'uso, pur in presenza di leggi regionali che dispongono diversamente

In materia di reati edilizi-urbanistici, si stagliano come principi fondamentali dell’ambito tematico del governo del territorio le disposizioni del d.P.R. n. 380/2001 che definiscono le categorie di interventi, poiché in conformità di queste ultime è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riferimento specifico al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni. Di conseguenza, risulta necessario il permesso di costruire per una ristrutturazione comportante mutamento della destinazione d’uso, pur in presenza di leggi regionali che dispongono diversamente. Ad affermarlo è la Cassazione, III Sez. Penale, tramite la sentenza n. 39374 del 30 settembre 2015.

Il caso di specie si riferiva agli estremi relativi alla realizzazione di un abuso edilizio: a tal riguardo la Corte, nell’argomentare la decisione, afferma: “La giurisprudenza di questa Corte ha più volte precisato che in tema di reati edilizi, gli interventi di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire sia nel caso in cui comportino mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico sia nel caso in cui, se eseguiti nei centri storici, comportino il mutamento della destinazione d’uso all’interno di una stessa categoria omogenea; diversamente, se eseguiti fuori dei centri storici, gli stessi sono eseguibili in base a denuncia di inizio attività (DIA) qualora comportino il mutamento della destinazione d’uso all’interno di una stessa categoria omogenea”.

In rapida sintesi, nella fattispecie analizzata, un immobile situato in “zona A” (Centro Storico fuori le mura) subiva un mutamento di destinazione d’uso (da commerciale a residenziale): modifica sufficiente per ritenere necessario il previo rilascio del titolo abilitativo.

Nel caso concreto la potestà legislativa della Regione Toscana, in materia di legislazione concorrente (quella relativa al governo dei territorio), non può in alcun modo incidere su principi fondamentali, come discusso nella sentenza, riservati alla legislazione dello Stato (come definito dall’art. 117, co. 3 Costituzione).


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