Servizi pubblici locali, ok della Camera alla riforma

Via libera tra le polemiche, alla Camera, al decreto Ronchi che prevede, tra l’altro, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, compresa la gestione delle risorse idriche.

Il governo difende il provvedimento, spiegando che l’acqua rimarrà comunque un bene pubblico e non ci saranno incrementi delle tariffe. Ma l’opposizione critica nel metodo e nel merito le nuove norme.

La  riforma metterà fine alle attuali gestioni, in prevalenza aziende pubbliche controllate dagli enti locali e molto spesso in house (100% del capitale all`ente locale).

Processo naturale di liberalizzazione e apertura del mercato con gare per l`affidamento del servizio ai privati oppure la scelta di un socio privato per la creazione di nuove societa` miste.

In alternativa – ma spettera` agli enti proprietari decidere – salvataggio delle attuali aziende pubbliche con una parziale privatizzazione o comunque con la cessione di ampie quote di capitale.

La trasformazione che cambiera` il volto dei servizi pubblici locali nei settori dell`acqua, dei rifiuti e del trasporto locale su gomma avverra` in cinque anni: tra la fine del 2010 e la fine del 2015.

In realta`, pero`, i tempi lunghi riguardano soltanto le societa` quotate in borsa, che entro il 2013 dovranno restare nelle mani dell`azionista pubblico di riferimento per una quota massima del 40% ed entro il 2015 per una quota massima del 30 per cento.

Per tutte le altre gestioni pubbliche (in house, ex municipalizzate trasformate in spa, societa` miste a prevalenza pubblica) e per le gestioni private affidate senza gara, tutto si decidera` tra il dicembre 2010 (quando decadono tutti gli affidamenti diretti) e il dicembre 2011 (quando decadono le spa miste con un socio privato generico e gestioni in house).

E` lo stesso articolo 15 del decreto Ronchi a definire un rigoroso calendario e la scalettatura dell`operativita` delle norme, mettendo subito le amministrazioni pubbliche di fronte al bivio: azzerare le attuali gestioni e passare alla gara per un nuovo corso libero dal passato oppure salvare le attuali aziende pubbliche cedendo il 40% del capitale.

La prima risposta delle amministrazioni pubbliche sara` certamente quella di aprire a soci privati, per non perdere il valore delle quote di capitale messe in bilancio. 
In altri termini: sara` una privatizzazione vera con un socio industriale capace di portare competenze operative e alzare il livello di efficienza complessiva del sistema? Non e` detto.

Lo stesso decreto sembra fornire alibi e scappatoie.
Quella che chiamiamo privatizzazione – perche` questo e` lo spirito della legge piu` volte ribadito dai ministri padri della norma Fitto e Ronchi – potrebbe rivelarsi alla fine una ripubblicizzazione.

C`e` chi parla di coinvolgimento di altri enti pubblici, con un mero travaso di quote di capitale dai Comuni ad altre strutture pubbliche o parapubbliche.

C`e` chi parla di coinvolgimento delle fondazioni bancarie, che certo possono contribuire a un salto di qualita` del settore, ma potrebbero anche tenerlo fermo in accordo con gli enti locali.

Ma, soprattutto, il piu` grave azzoppamento della riforma al Senato e` stato su questo punto: dove nel testo originario si parlava di cessione al socio privato dei compiti operativi ora si parla di cessione al socio privato di “compiti operativi“ in senso generico.

Spettera` al regolamento attuativo, cui il ministro Fitto sta gia` lavorando, ridurre le aree di ambiguita` e mantenere rigoroso l`assetto della riforma. Ma non sara` facile mantenere i delicati equilibri trovati con la legge rimettendo mano al suo punto-chiave.

Non saranno pero` solo le amministrazioni pubbliche a decidere. Sara` anche il mercato. Sara` difficile per gli enti pubblici cedere quote di aziende inefficienti, magari imbottite di nomine politiche, che perderanno il monopolio dei contratti, dovendo poi per le successive gestioni competere con tutte le altre.

Al netto di privatizzazioni truccate, sara` difficile coinvolgere imprenditori seri dove l`azienda pubblica non dia garanzia di solidita`. Alla fine a salvarsi saranno solo le vere aziende. Per le altre, i carrozzoni pubblici, l`ora della fine e` comunque scoccata.

Fonti: Ance e Il Sole 24 Ore

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