Formazione appalti: il decreto della SNA non è efficace, è palesemente incostituzionale e in contrasto con il Trattato UE e la direttiva Bolkestein

di ALESSANDRO MASSARI

Il decreto della Scuola Nazionale dell’Amministrazione previsto dall’art. 63, comma 10, del nuovo codice appalti relativo ai requisiti per l’accreditamento delle istituzioni che svolgono attività di formazione sui contratti pubblici non è operativo (poiché l’accreditamento non è ancora stato avviato), ma soprattutto si presenta in palese contrasto con l’art. 41 della Costituzione, con i principi fondamentali del Trattato UE e con la direttiva Bolkestein. Riservare l’attività di formazione in materia di contratti pubblici funzionale alla qualificazione, esclusivamente a soggetti pubblici e istituzioni senza scopo di lucro, mettendo fuori gioco da un giorno all’altro gli operatori economici che prestano stabilmente validi ed apprezzati servizi di formazione alle stazioni appaltanti, è anzitutto contrario ai principi costituzionali di uguaglianza e di libera iniziativa economica.

Una tale riserva collide con i principi fondamentali del Trattato UE e con la direttiva 2006/123/CE (Bolkestein) che ha ulteriormente rafforzato la libera prestazione dei servizi all’interno dell’UE. Tra le limitazioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi non può rientrare, alla luce della costante interpretazione restrittiva della Corte di Giustizia UE, la formazione sui contratti pubblici, ancorchè connessa alla qualificazione delle stazioni appaltanti.

Il contrasto del decreto SNA con il superiore diritto eurounitario ne impone già la sua immediata disapplicazione. Non solo: il comma 10 dell’art. 63 si limita a stabilire che la “… Scuola Nazionale dell’Amministrazione definisce i requisiti per l’accreditamento delle istituzioni pubbliche o private, senza finalità di lucro, che svolgono attività formative, procedendo alla verifica, anche a campione, della sussistenza dei requisiti stessi e provvede alle conseguenti attività di accreditamento nonché alla revoca dello stesso nei casi di accertata carenza dei requisiti”. La norma non esclude quindi espressamente gli operatori economici dal novero dei soggetti accreditabili per l’erogazione della formazione valida ai fini della qualificazione, ma si limita ad individuare i soggetti per i quali valgono i requisiti di accreditamento definiti dalla SNA.

Ma anche a voler ammettere, per ipotesi, che il predetto comma stabilisse effettivamente una riserva esclusiva per soggetti pubblici e no-profit, questo sarebbe incostituzionale per eccesso di delega. La Legge n. 78/2022 si limita invero a prevedere all’art. 1, comma 2, lett. c), nel quadro della “ridefinizione e rafforzamento della disciplina in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti, afferenti ai settori ordinari e ai settori speciali”, il “potenziamento della qualificazione e della specializzazione del personale operante nelle stazioni appaltanti, anche mediante la previsione di specifici percorsi di formazione, con particolare riferimento alle stazioni uniche appaltanti e alle centrali di committenza che operano a servizio degli enti locali”.

Dunque la legge delega non prevede alcuna riserva soggettiva in relazione alla formazione funzionale alla qualificazione. Sulla questione possiamo concordare su un dato oggettivo: la formazione è essenziale per la professionalizzazione e qualificazione delle stazioni appaltanti. Ma questa non può essere appannaggio dei soli soggetti pubblici e no-profit. Si tratterebbe di una discriminazione ingiustificata, giuridicamente infondata e anzi, si ripete, palesemente incostituzionale. Il decreto della SNA quindi è potenzialmente impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria da tutti gli operatori del settore della formazione. Premesso che al momento non sussiste alcuna preclusione per l’iscrizione a corsi di formazione e aggiornamento organizzati da soggetti privati lucrativi finalizzati alla qualificazione, siamo convinti che il decreto sarà presto demolito dai giudici.

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