Mercato immobiliare, la parola alle Regioni

La Conferenza delle Regioni del 22-23 ottobre scorsi ha approvato un documento sul mercato immobiliare.
La posizione è stata adottata in relazione all’indagine conoscitiva promossa dalla Commissione Ambiente, territorio e la vori pubblici della Camera.

riportiamo di seguito il testo del documento:

“La questione abitativa è tornata ad essere, in questi ultimi anni, una vera e propria emergenza che investe tutto il Paese.
Infatti, soprattutto nelle grandi città, sono sempre più numerose le famiglie che incontrano estrema difficoltà nell’individuare una soluzione alloggiativa compatibile con la propria condizione economica.

Questa situazione di criticità non investe ormai, come in passato, solo le categorie emarginate, quali i disoccupati o i lavoratori precari, ma anche le “nuove povertà”, ovvero le famiglie monoreddito che si rivolgono al mercato privato della locazione chiedendo offerte economicamente sostenibili.     

Inoltre, la domanda “di prima casa” ha subito un incremento a causa di altri fattori: la maggiore mobilità nel mercato del lavoro, la continua riduzione delle dimensioni medie delle famiglie italiane, e, quindi, la consistente presenza di nuclei composti da una sola persona, nonchè l’accelerazione dei flussi migratori, che sta esercitando una forte pressione sul mercato delle locazioni a canone sociale e moderato.

Infine, sono emersi nuovi bisogni alloggiativi, espressi da particolari categorie sociali, quali anziani e studenti.

In particolare per gli anziani, come del resto per i portatori di handicap, è necessario realizzare sia residenze con peculiari caratteristiche, sia ricercare possibili soluzioni alternative che consentano la permanenza nell’alloggio di residenza combinata con forme di assistenza domiciliare.

Per gli studenti universitari, fortemente presenti in alcune città, è necessario intervenire sia con azioni di controllo sulle locazioni private sia con la realizzazione di alloggi tipologicamente adeguati, utilizzando al meglio le strutture edilizie esistenti, anche nei centri storici.

Queste crescenti esigenze possono essere soddisfatte dal sostegno pubblico, che, tuttavia, non è più in grado di fornire risposte adeguate, essenzialmente a causa della drastica riduzione delle risorse finanziarie impegnate e, di conseguenza, della forte diminuzione dell’offerta di alloggi sociali.   

Per circa venti anni, dal 1978 al 1998, il settore ha beneficiato di un flusso costante di finanziamenti, che ha consentito di realizzare un consistente patrimonio, sia di edilizia sociale che agevolata, con il quale si è dato un contributo determinante alla riduzione del fabbisogno abitativo.

Sono state costruite molte nuove abitazioni a canone sociale, è stata effettuata una costante manutenzione del patrimonio già esistente, sono stati realizzati programmi di riqualificazione urbana, specie nei centri storici, e si è potuto sostenere, con mutui agevolati, l’acquisto da parte dei privati della prima abitazione realizzata da imprese e cooperative.

Dal 1998, in ambigua concomitanza col trasferimento di competenze alle Regioni operato dal D.Lgsl. 112/98, è cessata la principale fonte di finanziamento delle politiche per la casa, il prelievo Gescal dalla busta paga dei lavoratori dipendenti, e tale circostanza è stata l’inizio di una crisi profonda per il settore, che da allora non è stato più oggetto di una programmazione organica, ma esclusivamente di sporadici e frammentari interventi.

Per questo motivo le Regioni si sono più volte impegnate a realizzare una forte azione politica finalizzata ad aprire un costruttivo confronto con l’Amministrazione statale, al fine di poter affrontare e risolvere congiuntamente gli aspetti più urgenti del problema e poter individuare le modalità per ripristinare un canale di finanziamenti statali certi e costanti, pari almeno a 1,1 miliardi di euro l’anno, corrispondenti alla media di quanto è stato assegnato nel triennio 1995-97.

Segnali positivi in tal senso erano stati evidenziati con l’approvazione della Legge 9/07, che, pur nella indeterminatezza di azioni di rilancio del settore evidenziate dalle regioni, prevedeva comunque la convocazione di un “Tavolo di concertazione sulle politiche abitative”, propedeutico alla predisposizione di un Programma nazionale, con il quale dovevano essere delineati gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale, le proposte normative in materia fiscale, l’individuazione delle possibili misure dirette a favorire la continuità della cooperazione tra Stato, Regioni ed enti locali, nonchè la stima delle risorse finanziarie.  

Nel documento preparatorio all’avvio dei lavori del Tavolo, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni in data 29.3.2007, venivano individuati alcuni elementi che potevano divenire i contenuti qualificanti di una programmazione nazionale, concordata con le Regioni:      
– il rilancio del mercato delle locazioni, prevedendo, tra l’altro, nuove agevolazioni fiscali per rendere più appetibile la stipula dei contratti a canone concordato; 
– la ripresa degli interventi pubblici di edilizia sociale, al fine di ampliare il patrimonio a disposizione da assegnare alle famiglie in condizioni di bisogno;
-la revisione complessiva delle tematiche fiscali strettamente connesse con la “casa”;
– l’incremento della dotazione finanziaria per il Fondo nazionale per l’affitto di cui all’art. 11 della legge 431/98;
– il raccordo tra le politiche abitative e quelle per la città, per superare il degrado dei quartieri;
–  l’approfondimento delle conoscenze del fabbisogno abitativo, dei nuovi fenomeni in atto e degli effetti prodotti da norme e programmi d’intervento, rilanciando il progetto di “Osservatorio nazionale sulla condizione abitativa” quale sintesi e raccordo degli “Osservatori regionali”.

I temi focalizzati nel documento ripresi nella relazione finale del Tavolo, sono ancora attuali e possono costituire la base per sviluppare il confronto, nel rispetto dei ruoli costituzionalmente garantiti, che devono vedere lo Stato sempre più ispiratore di politiche generali e le Regioni competenti ad emanare leggi e predisporre programmi che favoriscano forme di intervento sempre più rispondenti ai bisogni territoriali e sociali specifici.

Per questo motivo è stato visto positivamente l’accordo siglato tra il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Presidente della Conferenza delle Regioni in data 1.10.2008, con il quale si era concordato di attivare un tavolo per la definizione e la gestione del “Piano casa”, accordo che, purtroppo, sino ad oggi non ha avuto alcun seguito.

E’ evidente che una strategia organica destinata alla politica per la casa rappresenta ormai una vera e propria priorità nazionale, affinché il sistema pubblico non continui a fornire solo risposte episodiche, procedendo con interventi isolati e disomogenei, senza prospettive di lungo respiro e soprattutto non distolga per altri scopi le poche risorse che occasionalmente vengono messe a disposizione.

A tale proposito è opportuno ricordare quanto avvenuto con il fondo di 550 milioni di euro stanziati col D.L. 159/07, destinato alla predisposizione di un “Programma straordinario di interventi di edilizia sociale”.

L’opportunità era stata ritenuta valida anche dal Tavolo di confronto tra istituzioni, forze economiche e sociali di cui alla legge 9, in quanto, in breve tempo, si sarebbero potuti realizzare circa 12.000 nuovi alloggi in locazione a canone sociale.

Gli interventi previsti dovevano essere rapidamente cantierabili ed avevano la finalità di incrementare il patrimonio pubblico a disposizione per fornire una soluzione alloggiativa ai bisogni dei nuclei familiari colpiti da sfratto e socialmente deboli.
Il programma è stato approvato e, in molti casi, sono iniziati i lavori, ma, nel frattempo, con la legge 133/08, la relativa dotazione finanziaria è stata “requisita” e destinata ad un nuovo Piano casa nazionale, previsto dall’art. 11 della stessa legge.

A seguito del contenzioso aperto dalle Regioni, il Programma straordinario è stato poi rifinanziato, per ora con risorse più che dimezzate (200 milioni di euro) e, quindi, con evidenti notevoli problemi, legati alla necessità di selezionare esclusivamente gli interventi più urgenti, pur con l’impegno ribadito dal CIPE di ripristinare nel 2010 l’originario stanziamento.
 
In questo quadro, anche il “Piano casa” della legge 133/08 si rivela insufficiente in quanto: 
– non rappresenta un intervento pubblico di medio periodo, che individui, a seguito di approfondite valutazioni, gli obiettivi più necessari da raggiungere;
– dovrebbe essere finanziato con risorse economiche di gran lunga più consistenti di quelle previste;
– non si impegna in una politica urbanistica che consenta di reperire aree edificabili a costi compatibili per la locazione a canone sociale, bensì sembra favorire interventi in project financing che solo in parte possono soddisfare la realizzazione di “alloggi sociali” ai sensi del D.M. dell’aprile 2008 e che sovente presuppongono interventi non conformi alle previsioni dei PRG;
– si affida prevalentemente al partenariato pubblico-privato per la realizzazione degli interventi in locazione a canone moderato, ma non stanzia risorse statali per incrementare il patrimonio abitativo pubblico da destinare alle diverse forme di locazione, in particolare a quella a canone sociale (intervento che, al contrario, è stato da sempre considerato dalle Regioni come prioritario);
– non prevede l’utilizzo dello strumento fiscale quale possibile canale di finanziamento per alimentare le politiche abitative, almeno per la parte che è rivolta a soddisfare i bisogni minimi essenziali delle famiglie meno abbienti.

Da valutare con attenzione ed interesse è invece l’introduzione del Fondo immobiliare nazionale e del Sistema integrato con Fondi locali, a cui possono aderire investitori istituzionali di lungo termine, finalizzato alla valorizzazione e l’incremento dell’offerta abitativa in locazione. Una volta definita la disciplina e gli obiettivi del Fondo sarà possibile apprezzarne a pieno le potenzialità.

E’ evidente comunque che il Piano della 133/08 non rappresenti la risposta adeguata alla crisi che il settore della casa e dell’housing sociale attraversa. Le Regioni chiedono un’azione più incisiva, che affronti alla radice i problemi del bisogno abitativo, da concertare insieme in sede di Conferenza Unificata e che si fondi:
– sul ripristino di un canale di finanziamenti certi, da alimentare con continuità, con il quale poter realizzare una soddisfacente programmazione organica e pluriennale d’interventi da sviluppare nel rispetto delle specifiche competenze; 
–  l’incremento del patrimonio di edilizia sociale, l’unico in grado di dare risposta abitativa alle famiglie più bisognose, da gestire con criteri di efficienza ed economicità e secondo i principi del D.M. del 2008;
–  il rilancio del mercato delle locazioni, prevedendo nuove agevolazioni fiscali che rendano più appetibile la stipula dei contratti di locazione a canone concordato;
– l’incremento delle risorse per il Fondo nazionale per l’affitto di cui all’art. 11 della Legge 431/98, ripristinando almeno la dotazione iniziale che è stata invece gradatamente erosa;
– il raccordo stretto tra gli interventi per la residenza e quelli per il miglioramento della qualità urbana delle città, anche attraverso il rafforzamento del partenariato pubblico-privato, al fine di superare le situazioni di degrado dei quartieri, garantendo anche maggiore sicurezza per i residenti;
– la valorizzazione del patrimonio pubblico che svolge funzione sociale insostituibile e che deve essere potenziato nonchè gestito con criteri di sostenibilità anche economica ed eventualmente alienato secondo le disposizioni stabilite dalle normative regionali.

Fonte: www.regioni.it

 

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