Rifiuti nucleari: dove collocare il deposito unico nazionale?

L’Istituto per la protezione dell’ambiente (Ispra) sta elaborando la Carta Nazionale che andrà a definire i criteri delle aree che in Italia sono potenzialmente idonee ad accogliere il deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi. Un tema molto delicato e che solleva spesso ingenti polemiche: in questo senso non si può non citare la vicenda di Scanzano Jonico, il comune della Basilicata che nel 2003 fu indicato dal Governo come deposito nazionale, salvo poi una marcia indietro dopo giorni di proteste.

È chiaro che edificare un deposito nazionale si configura come un’esigenza per il Paese: l’idea è quella di “un’infrastruttura ambientale e non nucleare, in grado di raccogliere per i prossimi 200-300 anni rifiuti nucleari di bassa e media intensità” ha spiegato Riccardo Casale, amministratore delegato di Sogin, società dello Stato incaricata dello smantellamento (decommissioning) delle ex centrali e della gestione dei rifiuti radioattivi, durante la visita nella centrale di Borgo Sabotino, presso Latina, insieme ad una delegazione delle Commissioni Ambiente e Attività Produttive di Camera e Senato.

Un’opera di prevenzione volta a “lasciare un’eredità alle generazioni future”: questa la visione di Riccardo Casale in merito alla costruzione del deposito: l’edificazione comincerebbe comunque non prima di 5 anni poiché nel frattempo sono necessarie idonee verifiche, consultazioni pubbliche, oltre ovviamente a manifestazioni di interesse, indagini sui siti candidati, un idoneo decreto di localizzazione e l’avvio della campagna informativa e autorizzazione. Insomma, massima trasparenza, attenzione per l’ambiente e consultazione con tutte le parti in causa sono con tutta evidenza i criteri direttivi cui conformarsi per implementare un’operazione così importante e delicata.

Fonte: Ansa

 

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