L’autonomia concettuale e la differenziazione decisionale fra autorizzazione paesaggistica e titoli edilizi

di M. Petrulli

La distinzione concettuale fra autorizzazione paesaggistica e titoli edilizi

In linea di principio, l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico – edilizio; i due atti di assenso, quello paesaggistico e quello edilizio, operano su diversi piani, essendo posti a tutela di interessi pubblici diversi, seppur parzialmente coincidenti[1].

L’autorizzazione paesaggistica ed il titolo edilizio rispondono ad interessi pubblici distinti e tipizzati: l’uno valuta, in forza d’apprezzamento tecnico discrezionale, la compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio proposto, mentre l’altro, con autonoma e specifica istruttoria, accerta la conformità urbanistico-edilizia del manufatto[2].

Il parametro di riferimento per la valutazione dell’aspetto paesaggistico non coincide con la disciplina urbanistico – edilizia, ma nella specifica disciplina dettata per lo specifico vincolo; il fatto che sono stati rilasciati i titoli edilizi, pur in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, non può in alcun modo legittimare anche sotto il profilo paesaggistico il fabbricato; tale esito si porrebbe in contrasto con il principio espresso dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 196/2004), secondo la quale l’interesse paesaggistico deve essere sempre valutato espressamente anche nell’ambito del bilanciamento con altri interessi pubblici, nonché con la giurisprudenza del Consiglio di Stato che, nelle materie che coinvolgono interessi sensibili, quale quello paesaggistico, limita l’istituto del silenzio assenso solo al ricorrere di previsioni normative specifiche e nel rispetto di tutti i vincoli ordinamentali; esiste un principio di autonomia anche tra l’illecito urbanistico-edilizio e l’illecito paesaggistico, come anche un’autonomia tra i correlati procedimenti e regimi sanzionatori[3].

Per giurisprudenza consolidata, la disciplina urbanistica e quella paesaggistica si completano al fine di garantire una tutela integrata del territorio, ed il titolo paesaggistico è atto presupposto e necessario per il valido ed efficace rilascio del titolo edilizio: “a norma dell’art. 146 co. 4, D L.gs n. 42/2004 l’autorizzazione paesaggistica anche in sanatoria (cd. accertamento di compatibilità paesaggistica), costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio: essa dà luogo ad un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e valutazioni urbanistiche, in modo tale che questi due apprezzamenti sono destinati ad esprimersi sullo stesso oggetto in stretta successione provvedimentale, con la conseguenza che l’autorizzazione paesaggistica va acquisita prima di intraprendere il procedimento edilizio, il quale non può essere definito positivamente per l’interessato in assenza del previo conseguimento del titolo di compatibilità paesaggistica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2016 n. 521 e 27 novembre 2010 n. 8260; TAR Umbria, Sez. I, 4 agosto 2011 n. 261)[4].

Peraltro, i lavori eseguiti in assenza del titolo paesaggistico sarebbero in ogni caso suscettibili di atti inibitori e sanzionatori[5], in quanto realizzati in violazione del divieto di cui all’art. 146, comma 2, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo n. 42/2004).

La differenziazione in merito al soggetto/ufficio decidente

Come è noto, la competenza amministrativa in materia paesaggistica è posta dalla legge in capo alla Regione (Art. 146, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio), che può delegarla agli enti territoriali sub regionali solo qualora le condizioni di legge siano rispettate (anche in ossequio al principio di adeguatezza, previsto dall’art. 118, comma 1, della Costituzione); in particolare, gli enti delegatari (come il Comune) del potere di autorizzazione paesaggistica debbono disporre “di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia” (art. 146, comma 6, del Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Secondo la giurisprudenza[6], è necessario assicurare:

  • che in seno all’autorità normalmente incaricata di procedere alla valutazione in materia ambientale, sussista adeguata separazione funzionale rispetto agli Uffici preposti a funzioni urbanistiche, in modo tale che l’entità amministrativa interna deputata a compiti ambientali e paesaggistici disponga di un’autonomia adeguata, la quale implichi, segnatamente, che essa abbia a disposizione (anche) mezzi amministrativi e risorse umane propri, così da poter svolgere adeguatamente i compiti attribuiti in materia ambientale;
  • una distinzione effettiva tra uffici, non limitata alla sola distinzione di attività o funzioni.

Una doverosa distinzione organizzativa, infatti, riflette la distinzione sostanziale tra la funzione di tutela del paesaggio e quella di governo del territorio o urbanistica: è una distinzione che ha base nell’art. 9 Cost. (e oggi è confermata dall’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.) e che è rimarcata dalla costante giurisprudenza specie costituzionale[7]: la separazione organizzativa a livello comunale è voluta dalla legge ad adeguata prevenzione della possibile commistione in capo al Comune delle due competenze e a evitare che la valutazione urbanistica possa incidere sull’autonomia di quella, superiore e delegata, paesaggistica (come richiesto dall’art. 146, comma 4, del Codice, secondo cui “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio”); in sostanza, in relazione alla differenziazione imposta dall’art. 146, comma 6, del Codice, deve essere assicurata non solo la sussistenza di un adeguato livello tecnico scientifico, ma anche la separazione organizzativa[8].

Conseguentemente, il medesimo soggetto non può contemporaneamente decidere su titolo edilizio ed autorizzazione paesaggistica.

Note

[1] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 8 novembre 2023, n. 2490.

[2] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 20 gennaio 2023, n. 682.

[3] TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. 5 giugno 2023, n. 3458.

[4] TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 14 giugno 2022, n. 4000.

[5] TAR Sardegna, sez. I, sent. 26 settembre 2023, n. 680.

[6] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 18 marzo 2024, n. 2613.

[7] Corte Cost., sent. 24 luglio 1972, n. 141 e sent. 23 novembre 2011, n. 309.

[8] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 5 giugno 2015, n. 2784: “Va però precisata la fondatezza anche della censura d’appello che lamenta l’illegittimità della commistione dell’attività a tutela del paesaggio e quella della trattazione delle pratiche edilizie: il Comune […]ha provveduto all’istituzione del Servizio Autorizzazioni Paesaggistiche nell’ambito del Coordinamento Edilizia Privata: il che però non è sufficiente, perché è necessaria una distinzione formale tra uffici, non basta una distinzione di attività. Infatti ai sensi dell’art. 146, comma 6, del Codice dei beni culturali e del paesaggio gli enti delegatari (come il Comune) del potere di autorizzazione paesaggistica debbono disporre “di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”. Non è sufficiente dunque rilevare che stando agli ordini di servizio […] e dalla nota interna […] nessuno degli istruttori paesaggisti svolge, né ha svolto prima, attività istruttorie urbanistico-edilizie. La doverosa distinzione organizzativa, infatti, riflette la distinzione sostanziale tra la funzione di tutela del paesaggio e quella di governo del territorio o urbanistica: è una distinzione che ha base nell’art. 9 Cost. (e oggi è confermata dall’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.) e che è rimarcata dalla costante giurisprudenza specie costituzionale (a muovere da Corte cost., 24 luglio 1972, n. 141 e, ad es., a Corte cost., 23 novembre 2011, n. 309): la separazione organizzativa a livello comunale è voluta dalla legge ad adeguata prevenzione della possibile commistione in capo al Comune delle due competenze e a evitare che la valutazione urbanistica possa incidere sull’autonomia di quella, superiore e delegata, paesaggistica (non a caso l’art. 146, comma 4, prevede che “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio”; cfr. anche art. 45, comma 2; art. 143, comma 4, lett. a), comma 5 e comma 9; art. 145, spec. commi 3, 4 e 5; art. 146, commi 5 e 6; art. 155, comma 2-bis; art. 159, comma 6): la quale ultima deve essere organizzativamente posta, nel Comune, in condizione di non subire incidenze gerarchiche o condizionamenti di sorta.

 In relazione alla differenziazione imposta dall’art. 146, comma 6, d.lgs. n. 42 del 2004, va assicurata sia la sussistenza di un adeguato livello tecnico scientifico sia la separazione organizzativa suddetta”.

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