"In house" non esclude reverse charge

L’affidamento dei servizi “in house providing” non esclude automaticamente dall’applicazione del reverse charge. Per verificare se il rapporto tra società affidataria ed ente appaltante sia soggetto al reverse charge, è necessario verificare se tale rapporto sia un contratto di appalto.

Se il vincolo che lega Società ed Ente Pubblico è assimilabile ad un contratto da’appalto, allora i successivi contratti stipulati con società terze, chiamate a prestare attività riconducibili all’interno della sezione F della tabella ATECOFIN 2004, potranno essere assimilati a contratti di sub-appalto e saranno soggetti al regime dell’inversione contabile.

Questo è quanto l’Agenzia delle Entrate ha chiarito nella risoluzione 155/E del 16 aprile.

Il chiarimento è sorto in seguito a un’istanza sollevata da una società che chiedeva se agli eventuali subappalti posti in essere per la realizzazione dei lavori edili deve applicarsi il meccanismo del reverse charge e se tale meccanismo contabile vada applicato anche agli interventi edilizi accessori ai servizi svolti dalla società.

L’art. 35, comma 5, del DL 223/2006 (convertito dalla legge 248/2006) ha esteso il meccanismo del reverse charge anche alle “prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore”. Tale disposizione è entrata in vigore il 1° gennaio 2007 e riguarda i soggetti, sia appaltatori che subappaltatori, le cui prestazioni siano riconducibili alle categorie di attività elencate nella sezione F della tabella Atecofin 2004.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito anche che, sul piano del diritto civile e amministrativo, l’individuazione di un affidamento dei servizi secondo il modello dell’in house providing consente solo di escludere le regole comunitarie di aggiudicazione, descritte nella Direttiva 92/50/CEE, la quale, ai fini della aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, presuppone il necessario utilizzo della procedura ad evidenza pubblica.

La possibilità di qualificare giuridicamente le società come soggetti operanti “in house providing”, sul piano fiscale, non comporta l’effetto automatico di escludere l’applicazione del regime del reverse charge.
Per verificare se il rapporto tra società ed ente sia soggetto al reverse charge, è necessario appurare se tale rapporto sia riconducibile al contratto di appalto. In caso affermativo, il diverso rapporto intercorrente tra la società multiutility ed i soggetti terzi, chiamati ad eseguire i lavori edili, deve essere configurato quale subappalto. Ne deriva che dovrà essere applicato il meccanismo del reverse charge.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

News dal Network Tecnico