L’accertamento di conformità edilizia secondo la giurisprudenza

di M. Petrulli

In numerosi casi la giurisprudenza ha approfondito l’istituto dell’accertamento di conformità, previsto dallart. 36 [1] del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001), fornendo una serie di utili indicazioni operative per gli uffici tecnici comunali.

Accertamento di conformità: garanzie partecipative del privato

Anche se la valutazione di una domanda di accertamento di conformità ex art. 36 presenta natura vincolata, consistendo nella verifica della conformità o meno delle opere abusive alla disciplina urbanistica vigente sia all’epoca di realizzazione delle stesse che a quella di presentazione della domanda [2], secondo la giurisprudenza [3] è illegittimo il provvedimento di diniego dell’istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall’invio della comunicazione di cui all’art. 10-bis della Legge n. 241 del 1990, in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e, dunque, della possibilità di un apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda [4].
L’applicazione adeguata dell’art. 10-bis della legge sul procedimento amministrativo esige non solo l’enunciazione nel preavviso di provvedimento negativo delle ragioni che si intende assumere a fondamento del diniego, ma anche che le stesse siano integrate, nella determinazione conclusiva ancora negativa, con le argomentazioni finalizzate a confutare la fondatezza delle ragioni formulate dall’interessato nell’ambito del contraddittorio predecisorio attivato dall’adempimento procedurale in questione [5].

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La sanatoria parziale

Per costante orientamento giurisprudenziale, la valutazione dell’abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate e non si può scomporne una parte per affermarne la sanabilità, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non dal singolo intervento a sé stante bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni, per cui l’opera edilizia abusiva deve essere identificata con l’intero complesso immobiliare, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere in modo adeguato l’impatto effettivo degli interventi compiuti [6] ed essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato [7].
Sempre secondo la giurisprudenza [8], infatti, in caso di accertato abuso edilizio è esclusa la possibilità di una sanatoria parziale, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate [9] e la sanatoria a norma dell’art. 36 deve riferirsi al complesso dei lavori e non alla singola opera isolatamente considerata.
Pertanto, l’indicazione nel provvedimento di diniego della presenza di abusi che escludono la conformità dell’opera, anche se in parte relativi a porzioni di fabbricato non comprese nella relativa istanza e persino a fronte della riconosciuta astratta sanabilità di – soltanto – alcuni abusi, costituisce comunque motivazione sufficiente della reiezione della richiesta di conformità, senza che sussista un obbligo per l’autorità comunale di motivare analiticamente in ordine ad ogni singolo abuso [10].
È stato, altresì, precisato che, eccezionalmente, in sede di sanatoria di un immobile abusivo, le singole parti di un fabbricato possono essere valutate, ai fini di una sanatoria parziale, soltanto se autonome e scindibili rispetto al corpo di fabbrica [11].

Rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato all’esecuzione di ulteriori opere edilizie

La giurisprudenza [12] è costante nel ritenere inammissibile il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato all’esecuzione di ulteriori opere edilizie, anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità, atteso che ciò contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica.
È, invece, ammissibile il semplice completamento dei lavori già intrapresi [13].

Onere della prova di dimostrare la c.d. doppia conformità necessaria per l’ottenimento della sanatoria

È sempre a carico dell’interessato l’onere della prova di dimostrare la c.d. doppia conformità dell’intervento sia al momento della realizzazione sia al momento della presentazione dell’istanza [14], attesa la finalità dell’istituto in parola, come individuata dalla consolidata giurisprudenza amministrativa, secondo cui presupposto indefettibile per il rilascio del permesso in sanatoria è la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente nei suddetti due momenti [15].

Motivazione del provvedimento

Considerata la natura vincolata del provvedimento, la sanatoria (sia in termini di rilascio sia in termini di diniego) non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell’opera abusiva alle prescrizioni urbanistico – edilizie (e a quelle recate da normative speciali in ambito sanitario, paesaggistico) sia all’epoca di realizzazione dell’abuso, sia a quella di presentazione dell’istanza [16].

Istanza di permesso in sanatoria nel caso di presenza del vincolo cimiteriale e di vincolo stradale

Il vincolo cimiteriale previsto dall’art. 338 del Regio Decreto n. 1265/34 [17] costituisce vincolo ex lege a carattere pubblicistico che prevale anche sulle diverse valutazioni del PRG e relative destinazioni urbanistiche, qualificato dalla giurisprudenza in termini di vincolo di inedificabilità assoluta e non relativa [18]; conseguentemente, il vincolo cimiteriale è ostativo al rilascio del permesso di sanatoria [19].
Parimenti, una volta accertata la sussistenza del vincolo di rispetto stradale, risulta del tutto legittimo il diniego di sanatoria [20], poiché il vincolo imposto sulle aree site nella fascia di rispetto stradale o autostradale è di inedificabilità assoluta, traducendosi in un divieto assoluto di costruire che rende inedificabili le aree site nella fascia di rispetto, indipendentemente dalle caratteristiche dell’opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale. Il vincolo derivante dalla fascia di rispetto si traduce in un divieto di edificazione che rende le aree medesime legalmente inedificabili, trattandosi di vincolo di inedificabilità che è sancito nell’interesse pubblico da apposite leggi [21].

Il valore del silenzio dell’ufficio tecnico sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria

Ai sensi dell’art 36, comma 3, del Testo Unico Edilizia, il silenzio serbato sull’istanza di accertamento di conformità oltre il termine di 60 giorni ha natura di silenzio – significativo, tipizzato per legge come diniego tacito, sicchè il relativo procedimento viene a concludersi con la formazione, a tutti gli effetti, di un atto negativo tacito [22], contro il quale l’interessato ha l’onere di agire tempestivamente in giudizio [23] se vuole evitare che l’atto tacito di rigetto della domanda di sanatoria si consolidi e divenga inoppugnabile [24].
Il silenzio dell’Amministrazione sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria ha un valore legale tipico di rigetto, vale a dire costituisce un’ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego [25], che l’interessato ha l’onere di impugnare per dimostrare, in senso contrario, la compatibilità dell’opera realizzata sine titulo con la normativa primaria e secondaria, sotto il cui imperio essa ricade [26].
L’inutile decorso del prescritto termine, comportando, inesorabilmente la reiezione dell’istanza del privato, esonera l’amministrazione dall’obbligo di fornire una risposta esplicita sull’istanza e di fornire una motivazione [27].

Note

[1] Art. 36 – Accertamento di conformità 1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. 2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso. 3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.
[2] TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 31 maggio 2021, n. 1351; TAR Campania, Salerno, sez. III, sent. 30 novembre 2023, n. 2816; TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 15 giugno 2020, n. 227.
[3] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 23 giugno 2022, n. 1776.
[4] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 3 marzo 2022, n. 610.
[5] Consiglio di Stato, sez. V, sent. 15 marzo 2019, n. 1705.
[6] TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 4 aprile 2023, n. 845.
[7] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 13 dicembre 2021, sent. n. 8275; TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 11 marzo 2020, n. 1112.
[8] TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 18 luglio 2022, n. 1358; Reggio Calabria, sent. 18 ottobre 2021, n. 787.
[9] TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 15 giugno 2023, n. 1987.
[10] TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 8 gennaio 2024, n. 36.
[11] TAR Sardegna, sez. II, sent. 17 settembre 2019, n. 740; TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 21 aprile 2020, n. 1466; TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 18 ottobre 2021, n. 787.
[12] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 24 giugno 2020, n. 4058; sent. 14 gennaio 2019, n. 325; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 4 luglio 2023, n. 2229; TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 29 aprile 2020, n. 713; sent. 24 novembre 2023, n. 2793; TAR Toscana, sez. III, sent. 18 settembre 2019, n. 1247; TAR Liguria, sez. I, sent. 8 luglio 2019, n. 598; TAR Basilicata, sez. I, sent. 1° giugno 2021, n. 414.
[13] TAR Piemonte, sez. II, sent. 2 luglio 2019, n. 749.
[14] TAR Campania, Salerno, sez. III, sent. 30 novembre 2023, n. 2816.
[15] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 9 marzo 2016, n. 936.
[16] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 2 maggio 2022, n.437; sez. IV, sent. 23 ottobre 2017, n. 4864; TAR Campania, Salerno, sez. III, sent. 30 novembre 2023, n. 2816; TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 15 giugno 2020, n. 227.
[17] Secondo cui “i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
[18] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 15 ottobre 2018, n. 5911.
[19] TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 4 giugno 2019, n. 798.
[20 TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 11 aprile 2022, n. 819.
[21] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 12 febbraio 2020, n. 1100; TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, sent. 29 marzo 2022, n. 3548.
[22] TAR Campania, Salerno, sez. III, sent. 12 gennaio 2023, n. 277.
[23] TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 3 gennaio 2019, n.26; TAR Puglia, Lecce, sez. II, sent. 14 febbraio 2019, n. 256; Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 6 giugno 2018, n. 3417.
[24] TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, sent. 21 maggio 2020, n. 338.
[25] TAR Campania, Napoli, sez. VI, sent. 2 aprile 2014, n. 1908.
[26] TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 1° luglio 2021, n. 4561; sent. 2 aprile 2015, n. 1986; sez. VIII, sent. 7 agosto 2020, n. 3540 e sent. 21 aprile 2016, n. 2082.
[27] TAR Basilicata, sent. 9 marzo 2020, n. 193; TAR Emilia Romagna, sez. II, sent. 21 maggio 2020 n. 338. Conseguentemente, in mancanza di una tempestiva contestazione del silenzio provvedimentale in sede giurisdizionale, l’atto tacito di rigetto della domanda di sanatoria si consolida e diviene inoppugnabile.

 

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